8 marzo: le donne CEO sono un vantaggio per le imprese

 

Milano – Da Mary Barra, CEO di General Motors, la donna più potente del mondo secondo Fortune, a Indra Nooyi, AD di Pepsi, fino a Marillyn Hewson, CEO del colosso militare Lockheed Martin. Le donne, come rilevato dall’importante testata statunitense, stanno ricoprendo sempre più ruoli strategici all’interno delle grandi aziende e stanno conquistando sempre più spesso ruoli solitamente considerati esclusivamente maschili: si è passati dalle 21 donne al comando nel 2016 all’interno della lista Fortune 500, alle 32 del 2017, con un incremento di circa il 50%. Un bilanciamento del gender gap lento ma sempre più evidente, che nelle grandi aziende si sta manifestando anche nel portafoglio: da un’analisi del Wall Street Journal è emerso che tra i leader delle aziende presenti nel titolo S&P500 rimasti in carica per un anno, gli uomini hanno incassato in media 11,6 milioni di dollari, mentre le CEO le manager presenti ne hanno guadagnato circa 13,8 milioni. Ma quali solo le ragioni di questo successo al femminile? Se per i ricercatori, come riportato dalla rivista scientifica Science, citando un recente studio dell’Università di Edimburgo, il cervello delle donne è in grado di ottenere migliori performance a livello d’intelletto e di cognizione, per gli esperti di coaching le ragioni sono da ricercare nelle caratteristiche peculiari. “Le donne con cui lavoro mi raccontano della cultura fortemente maschilista con cui si trovano ad avere a che fare e che devono gestire nell’organizzazione – spiega la master coach Marina Osnaghi, che ha affiancato grandi donne CEO ed imprenditrici nel raggiungimento dei propri obiettivi – Allo stesso tempo mi raccontano dei loro successi e del modo in cui vogliono preservare le loro caratteristiche femminili, pur essendo alla guida di organizzazioni che hanno ancora mentalità fortemente maschili. Quali sono le caratteristiche forti di queste donne? Oltre ad avere competenze tecniche eccezionali; la passione della loro missione e la capacità di non mettersi mai nel ruolo della vittima o del ‘sesso debole’. Non hanno bisogno di dimostrare nulla, vivono se stesse ed il loro ruolo con serena tranquillità, crescendo con forza e coraggio, disposte anche a soffrire se necessario, pur di sostenere i propri ideali e la propria visione. Vivono con tenacia verso i risultati, con determinazione e tensione al miglioramento continuo. Si sentono ‘uguali e diverse’, nella loro unicità di essere, più che nella discussione dei sessi; hanno la capacità di donarsi incondizionatamente al proprio obiettivo ed alla cura del sistema. Vogliono lasciare il segno, esattamente quanto lo desidera un uomo. Una donna al governo di una azienda porta la bandiera della crescita e dello sviluppo degli esseri umani, caratteristica questa fortemente femminile, essendo più che mai la donna, predisposta a percorsi di potenziamento e crescita”. A conferma del parere della master coach, il Telegraph ha pubblicato uno studio realizzato dalla neuroscienziata Mara Mather dell’Università della South California, con l’aiuto di Nicole R. Lighthall della Duke University, dal quale è emerso che, messi sotto pressione, gli uomini e le donne prendono le proprie decisioni in modi diametralmente opposti: attraverso una simulazione di gioco d’azzardo, i ricercatori hanno scoperto che sotto stress le donne hanno preso le decisioni più intelligenti, abbandonando la partita in una posizione di comando o con puntate di “sicurezza”, mentre gli uomini hanno puntato tutto per una piccola possibilità di vincita. Risultati ribaditi anche da Ruud van den Bos, scienziato dell’Università di Radboud in Olanda, che ha scoperto come la capacità delle donne di prendere le migliori decisioni emerga proprio con l’avvicinarsi di una deadline o dopo un evento molto stressante. Ma non è tutto: come riportato dal Time, le donne CEO sono molto più abili a motivare i propri collaboratori e quindi gli impiegati diretti da una donna sono coinvolti nel 33% nei processi produttivi, contro il 25% nel caso di un manager; dallo studio, inoltre, è emerso che le donne manager partecipano con entusiasmo al lavoro nel 41% dei casi, percentuale che scende al 35% tra i boss.