Coldiretti: l’addio olio di palma (-41%) provoca carestia burro

Milano – L’addio all’olio di palma spinge verso una carestia a livello internazionale di burro con una impennata dei consumi che ha messo a rischio le forniture alle industrie dolciarie, le principali utilizzatrici. E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione della giornata Mondiale del latte istituita dalla Fao nel 2001 che segna a livello planetario l’importante ritorno sulle tavole del primo alimento dell’uomo. Gli effetti – sottolinea la Coldiretti – si fanno sentire anche a livello nazionale dove un numero crescente di imprese ha fatto la scelta “olio di palma free”. Le quotazioni del burro alla produzione in Italia a maggio sono quasi raddoppiate con un aumento di circa il 90% rispetto allo stesso periodo del 2016 alla Borsa di Lodi dove anche il latte spot ha superato i 41 centesimi al litro contro i 37 centesimi di appena tre mesi fa, secondo le rilevazioni della Coldiretti. Un riposizionamento importante che avviene a poco piu’ di un mese dall’entrata in vigore il 19 aprile 2017 della legge che obbliga ad indicare in etichetta l’origine per tutti i prodotti lattiero caseari fortemente voluta dalla Coldiretti, che consente di fare scelte consapevoli in un mercato invaso di prodotti stranieri spacciati come italiani. Le importazioni di olio di palma per uso alimentare sono diminuite in Italia del 41% nei primi due mesi del 2017 con sei italiani su dieci che evitano di acquistare prodotti alimentari che contengono olio di palma, a conferma della diffidenza che sta portando un numero crescente di imprese ad escluderlo dalle proprie ricette, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes. Le importazioni di olio di palma ad uso alimentare in Italia hanno invertito la rotta dopo essere più che raddoppiate negli ultimi 20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili. Il cambiamento ha coinvolto anche gli altri prodotti a base di latte e rende ancor piu’ necessario per l’Italia valorizzare e sostenere il proprio patrimonio lattiero caseario dopo che negli ultimi dieci anni si è praticamente dimezzato il numero di stalle presenti, tanto da aver raggiunto il minimo storico di 30mila allevamenti, rispetto ai 60mila attivi nel 2005.