Istat: debito pubblico al 137%

Roma – I dati Istat sul 2023 sono una doccia fredda per il governo. A fronte di una crescita del Prodotto interno lordo, sono soprattutto i dati sul deficit a spaventare per la tenuta dei conti pubblici. Nel 2023 il Pil ai prezzi di mercato è stato pari a 2.085.376 milioni di euro correnti, con un aumento del 6,2% rispetto all’anno precedente in termini nominali, ovvero includendo l’effetto dell’inflazione. In volume, il Pil è cresciuto dello 0,9%, contro lo 0,8% atteso dal governo. Nel 2023 il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume del 3,9% nelle costruzioni e dell’1,6% nelle attività dei servizi. Si rilevano contrazioni del 2,5% nell’agricoltura, silvicoltura e pesca e dell’1,1% nell’industria in senso stretto. Per uno 0,1 di maggiore crescita, tuttavia, il governo deve fare fronte a un rapporto deficit/Pil balzato al 7,2%, (era all’8,6% nel 2022) contro una previsione del 5,3% inserita nella Nadef, il documento di finanza pubblica con le cifre su cui viene impostata la legge di bilancio. L’Istat fa sapere che debito pubblico italiano è sceso nel 2023 al 137,3% del Pil dal 140,5% del 2022, dato migliore delle stime contenute nella Nadef (140,2%). Come è possibile che il deficit salga più delle attese e il debito meno? Dipende dalla crescita nominale del Pil che include anche l’effetto inflazione (dunque + 6,2 e non + 0,9%). Anche il saldo primario (ossia l’indebitamento prima della la spesa per gli interessi da pagare sui titoli di stati) è in miglioramento ma ancora negativo e pari a -70.864 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil del -3,4% (-4,3% nel 2022). La pressione fiscale complessiva è risultata pari al 42,5%, invariata rispetto all’anno precedente, per effetto di una crescita del Pil a prezzi correnti (+6,2%) pari a quella delle entrate fiscali e contributive (+6,3%). I dati del 2023 sono destinati a riflettersi anche su quanto accadrà quest’anno. Il governo si attende nel 2023 un Pil in crescita dell’1,2% e un deficit al 4,3%. Il Fondo monetario internazionale vede un’economia italiana che si espande di un più contenuto 0,7%.