Tim: i sindacati chiedono garanzie occupazionali

 

Roma – I sindacati delle Tlc chiedono un incontro urgente sulla situazione di Tim a Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, e ai ministri Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso, Marina Calderone. Lo scrive Radiocor Plus. “Nulla – scrivono i segretari generali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil – e’ dato sapere, allo stato attuale, circa le garanzie in materia di salvaguardia dei perimetri aziendali ed occupazionali della Tim che rimarra’ dopo la cessione della rete e della nuova azienda che gestira’ l’infrastruttura”. Le sigle ricordano che nell’incontro con il ministro Urso del 4 luglio scorso, venne “chiaramente specificato che lo strumento del ‘Golden Power’ sarebbe stato utilizzato anche per valutare gli impatti occupazionali dell’operazione, arrivando a sostenere come, nel caso della realizzazione della separazione, sarebbe stato materia di blocco da parte del Governo la presentazione di piani industriali che contemplassero ricadute per l’occupazione e per le condizioni generali delle lavoratrici e dei lavoratori interessati. “Al netto di ulteriori passi autorizzativi che dovranno riguardare autorita’ di controllo italiane ed europee, pensiamo – proseguono Fabrizio Solari, Alessandro Faraoni e Salvo Ugliarolo – che le deliberazioni del Consiglio dei ministri rendano a questo punto non piu’ differibile aprire un confronto in tempi rapidissimi. Del resto, il capo di gabinetto del Ministro, presente all’incontro del luglio scorso, ipotizzo’ persino la possibilita’ di un aggiornamento del tavolo durante le ferie estive la’ dove la trattativa sulla vendita della rete fosse arrivata a compimento”. Al termine del complesso processo di separazione della rete, “dovrebbe quindi nascere la societa’ della rete, costituita da circa 20.000 dipendenti e con un azionariato composto al 70% da Kkr, al 20% dal Ministero del Tesoro ed al 10% dal Fondo F2i. In capo a Tim rimarranno invece, circa 16.000 dipendenti con un azionariato che vede Vivendi al 23,75%, Cassa Depositi e Prestiti al 9.81% ed il restante diviso fra investitori istituzionali, esteri in prevalenza, ed altri azionisti”. Ad oggi, concludono le sigle, “ci troviamo a dover gestire una articolata ed estremamente complessa fase aziendale, e dell’intero settore delle tlc per dire il vero, senza strumenti di politica attiva: i contratti di espansione allo stato attuale non sono piu’ rifinanziati e quindi non sono nelle disponibilita’ delle parti; il neonato fondo di solidarieta’ di settore, cofinanziato da lavoratori ed aziende, avrebbe bisogno di un contributo di partenza onde renderlo da subito uno strumento operativo indispensabile per gestire la fase che sta attraversando in primis Tim e, piu’ in generale, il settore delle tlc che si trova in una crisi strutturale preoccupante”.