Roma – “Iniziamo col chiamarla carne coltivata” così Alessandro Tatone, presidente di Confimi Industria Alimentare entrando nell’acceso dibattito sulla produzione della carne. “Sembrerà una sottigliezza ma la differenza è tutta nell’approccio e nell’importanza che si dà al mondo della ricerca. Perché in questa partita se da una parte è corretto voler proteggere una delle filiere più importanti dell’agroalimentare italiano, dall’altro non si può pensare di fermare la ricerca scientifica e la potenziale prospettiva che ci offre a riguardo” precisa Tatone. “Non possiamo trascurare una delle sfide globali dell’immediato futuro: assicurare cibo sano, nutriente e sostenibile considerando la crescita demografica” vuole ricordare il numero uno di Confimi Alimentare. Prospettive sì ma anche un chiaro monito “Non si faccia l’errore commesso con la transizione ecologica in campo automotive: definire obiettivi a stretto giro rispetto alla capacità del settore rischia di compromettere tutti gli attori”. “Il rischio – continua Alessandro Tatone – è quello di sacrificare aziende e lavoratori in nome di un progresso ad uso e consumo di pochi”. E l’allarme non è casuale. È la stessa FAO in suo report tematico a palesare rischi e opportunità della carne coltivata. “Dagli attuali elevati costi di produzione, ai costi stessi della ricerca ancora in fase sperimentale, per non parlare dello squilibrio tecnico tra i paesi avanzati e quelli a basso reddito”. “Quella che potrebbe essere la risposta alimentare al clima, potrebbe trasformarsi in un divario nutritivo senza pari” e chiude il presidente di Confimi Alimentare con un invito alla politica “Non si trasformi il tema in un argomento da bar, divisivo e di bandiera, piuttosto venga valorizzato un percorso di advocacy che tenga insieme gli anelli della filiera produttiva, sanitaria e di consumo”.