Perché ATM e Trenord non possono aderire allo sciopero generale di venerdì

Milano -Alessandro Pagano, segretario CGIL Lombardia; Luca Stanzione, segretario CGIL Milano; Angelo Piccirillo, segretario FILT CGIL Lombardia; Emanuele Barosselli, segretario FILT CGIL Milano spiegano i motivi che hanno impedito lo sciopero dei dipendenti ATM e Trenord. “La motivazione della mancata adesione allo sciopero generale nazionale CGIL UIL del 17 novembre di aziende importanti come ATM e Trenord va ricercata nel fallimento degli obiettivi di una Legge – la 146/90 – che a oltre trent’anni dalla sua divulgazione necessiterebbe di un’attenta revisione e di una saldatura con un auspicato approdo ad un altro provvedimento legislativo, quello sulla rappresentanza. Tutto ciò non è nei programmi dell’esecutivo, e il risultato è un calendario di scioperi dei trasporti perennemente saturo, in misura prevalente, da astensioni non riconducibili alle organizzazioni sindacali confederali. Nel merito, la Legge 146/90, ragionando solo sull’occupazione degli spazi del calendario degli scioperi, non consentiva l’adesione allo sciopero generale CGIL e UIL per il personale di ATM perché qualche giorno prima, il 10 novembre, era inserito lo sciopero di una sigla autonoma, sostanzialmente senza iscritti in ATM. Ciò ha comportato che due sigle confederali da oltre sette milioni di associati e che nell’azienda contano migliaia di iscritti, non hanno potuto consentire ai lavoratori di partecipare allo sciopero generale a causa di un’altra astensione, dagli esiti irrilevanti. Lo stesso problema, un altro sciopero in calendario a meno di dieci giorni da quello del 17, ha impedito l’adesione allo sciopero per il personale di Trenord. Nessun arretramento quindi davanti ai toni offensivi e in qualche caso eversivi del ministro dei trasporti o agli “inviti” del “garante” della Commissione di Garanzia, semplicemente l’osservanza di una legge dello Stato che, ormai, nella sua applicazione condizionata da questo governo, non contempera più, come nelle intenzioni dell’allora legislatore, i due diritti presenti in costituzione, quello alla mobilità e quello allo sciopero. E che soprattutto, applicando una modalità che tanto piace all’attuale esecutivo, mette sullo stesso piano sigle sindacali confederali che rappresentano più di dieci milioni di iscritti con una miriade di altre organizzazioni. La strada per tornare a regolamentare l’esercizio irrinunciabile dello sciopero nei servizi pubblici essenziali non è dunque quella del referendum o dell’adesione preventiva, proposta che ciclicamente torna da almeno vent’anni, ma è quella di un confronto vero tra Governo e Parti Sociali. Lo chiediamo da tempo, ma forse si preferisce la narrazione di un sindacato genericamente irresponsabile (noi siamo quelli dell’autoregolamentazione ben prima della legge!) che ambisce al week-end lungo, frottola che rivela un’ignoranza colossale: i lavoratori dei trasporti il sabato e la domenica sono regolarmente in turno. Se il ministro dei trasporti prendesse i mezzi pubblici come la cittadinanza comune lo saprebbe”, concludono sindacalisti.