La morte di Luana in fabbrica: ambiente di lavoro pericoloso per il tribunale di Prato

La morte di Luana in fabbrica: ambiente di lavoro pericoloso per il tribunale di Prato

Prato – Il tribunale di Prato nelle motivazioni della sentenza emessa lo scorso ottobre a carico dei titolari dell’orditura Luana di Montemurlo (Prato), la fabbrica in cui il 3 maggio perse la vita Luana D’Orazio, 22 anni, stritolata dall'”abbraccio mortale” (la definizione è del consulente della procura) di un orditoio che era stato alterato per funzionare con la saracinesca abbassata, parlano di “ripetute manomissioni” sui macchinari, tali da creare un “ambiente di lavoro pericoloso per l’incolumità dei dipendenti addetti a tale lavorazione”. Nelle motivazioni il tribunale ripercorre infatti cause e precise responsabilità della morte della giovane operaia tessile, mamma di un bimbo di 5 anni, le stesse che hanno portato i due titolari a scegliere la via del patteggiamento (il terzo imputato, un tecnico manutentore, sarà invece processato con rito ordinario): 2 anni per Laura Coppini, 1 anno e 6 mesi per il marito, Daniele Faggi, con le accuse di omicidio colposo e rimozione delle cautele antinfortunistiche. Secondo la ricostruzione, basata tra le altre cose sulla consulenza svolta sul macchinario dall’ingegnere Carlo Gini, al momento dell’incidente l’orditoio “ruotava ad una velocità di 25 metri al minuto”: Luana sarebbe rimasta agganciata per i vestiti e trascinata verso le lamiere, “morendo per asfissia da schiacciamento della gabbia toracica con meccanismo compressivo”. Nelle motivazioni si censurano alcune manomissioni, e in particolare un ponticello elettrico fatto sempre secondo le accuse per far funzionare l’orditoio con la saracinesca abbassata, e l’assenza di protezione su una staffa sporgente, la stessa in cui restarono incastrati gli abiti della giovane operaia. Il tribunale ha concesso a Faggi e Coppini le attenuanti, questo sia per il risarcimento da circa 1 milione e 100 mila euro offerto ai familiari che per “il tempestivo adempimento alle prescrizioni imposte dalla Asl per mettere in sicurezza i macchinari posti sotto sequestro”.