Le critiche di Bonomi (Confindustria) alla Manovra

Le critiche di Bonomi (Confindustria) alla Manovra

Roma – Con una lunga lettera, inviata da Carlo Bonomi presidente di Confindustria ai responsabili dell’associazione, pubblicata da Huffpost, il leader degli industriali avanza le sue critiche al governo. Non 302 euro – scrive il quotidiano – come prevede la riforma del Governo, ma uno sgravio molto più consistente per i lavoratori con un reddito lordo di 24mila euro: 515 euro. E per chi ha un reddito di 28mila euro, il beneficio in busta paga sarebbe stato di 601 euro, superiore di ben 371 euro rispetto all’importo dello schema inserito nella legge di bilancio. Eccoli i numeri che il presidente di Confindustria Carlo Bonomi mette nero su bianco per bocciare “il paradosso incredibile” delle scelte fatte sulle tasse e per spiegare perché la proposta degli industriali sarebbe stata “la più conveniente, rendendo i lavoratori più occupabili e migliorando la competitività delle imprese”. Con un titolo: le buste paga sarebbero state molto più corpose per i lavoratori con redditi medio-bassi, fino a 35mila euro. L’impianto di Confindustria avrebbe generato un beneficio maggiore per tutte le fasce di reddito che vanno da 19mila a 35mila euro. Un altro esempio, proprio per chi ha un reddito di 35mila euro: avrebbe ottenuto 751 euro di sgravio invece dei 385 euro previsti. Tutto vincolato, però, all’opzione degli industriali e cioè usare gli 8,5 miliardi disponibili per tagliare il cuneo contributivo, non come ha fatto il Governo, che ne ha utilizzati 7 per rimodulare le aliquote Irpef e ridisegnare le detrazioni (“un intervento minimale” lo definisce Bonomi alla luce di un gettito che nel 2019 è stato di circa 192 miliardi) e 1,5 per la decontribuzione in favore dei redditi dipendenti fino a 35mila euro lordi. Lo sgravio sarebbe andato per due terzi ai lavoratori e per un terzo alle imprese. Prendiamo un’altra simulazione, quella per un reddito da 19mila euro: il risparmio per il lavoratore sarebbe stato di 408 euro (17 euro in più rispetto alla riforma del Governo) mentre quello per l’impresa avrebbe avuto un importo di 282 euro. La lettera di Bonomi non si esaurisce nella forte critica all’impianto per il taglio delle tasse. Rimarca, in positivo, il cambio di passo sul Pnrr e sulla gestione della pandemia impresso da Mario Draghi (la lettera si chiude con le parole del premier sui corpi intermedi di Luigi Einaudi), oltre alla ritrovata credibilità dell’Italia sul piano internazionale. Ma “la triplice dose di fiducia somministrata dal Governo”, che ha portato al rimbalzo del Pil superiore al 6%, deve fare i conti con “nuovi rischi da affrontare”. Il problema è anche il metodo. Il presidente di Confindustria chiama tutti, a iniziare dai sindacati, a prendere coscienza del fatto che il Patto per l’Italia, proposto dagli industriali a metà del 2020, non ha preso forma. È la “convergenza sociale e politica” che anche il premier si era impegnato a rilanciare e che adesso viene posta nuovamente come una via obbligata per orientare le prossime scelte su fisco, lavoro e welfare. “O si lavora insieme – scrive Bonomi – modificando in maniera coerente e organica tutte queste leve, oppure l’effetto sulla crescita e la coesione sociale rischia di tornare minimale, con tassi di sviluppo inferiori al 2% annuo. Questo non ce lo possiamo permettere, anche in ragione dell’elevato debito pubblico, se non vogliamo condannarci a tassi di disoccupazione tre volte superiori a quelli della Germania”. È la legge di bilancio la spia che per Bonomi indica “uno slancio iniziale che inizia a vacillare”. Parla di “insofferenza crescente dei partiti” e di una manovra che invece di essere la prima del ciclo Pnrr, “un mattone fondativo della svolta, ha guardato più al breve periodo, di interesse della politica, piuttosto che al medio periodo, d’interesse per la crescita”. Ai partiti viene imputata la logica delle bandierine che ha rifinanziato il reddito di cittadinanza, ma anche le misure per l’anticipo pensionistico. Durissima la critica per i danni causati alle imprese: ”Il conto della maggior spesa corrente determinata in tal modo è stato presentato alle imprese: la soppressione del Patent Box, il più rapido calo pluriennale degli incentivi alla ricerca e all’innovazione, gli aggravi d’imposta dovuti al “dietrofront” sulla disciplina di riallineamento e rivalutazione dei beni immateriali d’impresa”. (…) Lo sciopero generale di Cgil e Uil è bollato come “l’esatto opposto” della convergenza che serve al Paese, “come ha invece colto la Cisl” che non è scesa in piazza. Bonomi ricorda le esperienze positive con i sindacati durante la prima ondata della pandemia, cioè il modello dei protocolli di sicurezza sul lavoro condivisi, ma poi le titubanze iniziali sui vaccini da parte delle organizzazioni sindacali, si legge sempre nella lettera, sono sfociate in “posizioni ideologizzate” che hanno impedito un confronto costruttivo sulle politiche attive del lavoro, ma anche sulla sicurezza.