Investire nello smart working

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Investire nello smart working

Roma – “Investire nello smart working. La sedia del tinello e la lezione delle banche”, questo il titolo dell’editoriale dell’economista Andrea Resti, pubblicato oggi sull’inserto Affari e finanza di Repubblica, che analizza perché il mondo del credito “sembra intenzionato a continuare ad avvalersi, anche a pandemia finita, del lavoro a distanza. Deutsche Bank ha annunciato che lo consentirà per il 40-60% dell’orario, anche per risparmiare sugli immobili come faranno, tra gli altri, Ubs e Hsbc. Unicredit progetta di usarlo due giorni su cinque. La Banca d’Italia ha da poco firmato un accordo che lo prevede, in gran parte delle strutture, per 100-120 giornate all’anno”. La prima ragione è che “lavorare da casa aumenta il livello delle retribuzioni reali perché abbatte una serie di costi per i dipendenti (i trasporti, ma anche il valore del tempo speso per raggiungere l’ufficio). Questa ‘gratifica’ non aumenta i costi aziendali, anzi: oneri come riscaldamento, pulizie ed energia elettrica vengono ridotti o traslati sugli impiegati”. L’impatto sulla produttività non è ancora chiaro: “Se è vero che rifugiarsi in ufficio consente di sfuggire alle piccole distrazioni domestiche, il lavoro agile comporta spesso un ampliamento dell’impegno oltre le canoniche otto ore. La maggiore flessibilità riduce i permessi retribuiti; il comfort domestico consente di sopportare senza conseguenze quei malanni che avrebbero richiesto una breve assenza per malattia”. Gli istituti di credito, conclude l’economista, puntano inoltre “a rivisitare la gestione delle competenze professionali: non solo esterne (la flessibilità rende più facile reclutare figure professionali qualificate), ma anche interne, perché diventa possibile rimettere in gioco chi aveva rinunciato alle ambizioni di carriera perché vincolato da esigenze familiari, attingendo a un giacimento di talenti sinora inaccessibile”. In definitiva, i benefici dello smart working “non vengono da soli: bisogna investire per estrarli e minimizzare gli impatti negativi. Le banche ci stanno provando, sarebbe un peccato se la pubblica amministrazione, di fronte alla sfida, alzasse bandiera bianca”.

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