Cei, Primo Maggio: lavoro e pandemia

Roma – La situazione del lavoro, a causa della pandemia, e’ difficile e ha penalizzato tanti, soprattutto quelli che non potevano essere assistiti dal welfare perche’ disoccupati o irregolari. Ma la situazione potrebbe peggiorare. “Va considerato il fatto che il Governo ha bloccato i licenziamenti, ma quando il blocco verra’ tolto la situazione diventera’ realmente drammatica”. Lo sottolinea la Cei nel Messaggio per il Primo maggio. “L’esercitazione forzata di lavoro a distanza a cui siamo stati costretti ci ha fatto esplorare possibilita’ di conciliazione tra tempo del lavoro e tempo delle relazioni e degli affetti che prima non conoscevamo”. “Da questa terribile prova – prosegue la Conferenza Episcopale Italiana riferendosi alla pandemia – sta nascendo una nuova era nella quale impareremo a diventare ‘imprenditori del nostro tempo’ e piu’ capaci di ripartirlo in modo armonico tra esigenze di lavoro, di formazione, di cura delle relazioni e della vita spirituale e di tempo libero. Se le relazioni faccia a faccia in presenza restano quelle piu’ ricche e privilegiate, abbiamo compreso che in molte circostanze nei rapporti di lavoro e’ possibile risparmiare tempi di spostamento mantenendo o persino aumentando la nostra operosita’ e combinandola con la cura di relazioni e affetti”. Non basta il vaccino per uscire dalla emergenza sanitaria e sociale, occorre anche “il ‘vaccino sociale’ della pandemia, rappresentato dalla rete di legami di solidarieta’, dalla forza delle iniziative della societa’ civile e degli enti intermedi che realizzano nel concreto il principio di sussidiarieta’ anche in momenti cosi’ difficili”. “La crisi ci ha spinto a scoprire e percorrere sentieri inediti – rileva la Conferenza Episcopale Italiana – nelle politiche economiche. Viviamo una maggiore integrazione tra Paesi europei grazie alla solidarieta’ tra stati nazionali e all’adozione di strategie di finanziamento comuni piu’ orientate all’importanza della spesa pubblica in materia di istruzione e sanita’. L’insostenibilita’ dei ritmi di lavoro, l’inconciliabilita’ della vita professionale ed economica con quella personale, affettiva e famigliare, i costi psicologici e spirituali di una competizione che si basa sull’unico principio della performance, vanno contrastati nella prospettiva della generativita’ sociale”.  “Il mondo del lavoro dopo la pandemia ha bisogno di trovare strade di conversione e riconversione, anche per superare la questione della produzione di armi. Conversione alla transizione ecologica e riconversione alla centralita’ dell’uomo, che spesso rischia di essere considerato come numero e non come volto nella sua unicita’”, conclude la Cei.