Stanzione (Filt Cgil): un Piano per la mobilità post lockdown

Luca Stanzione
Luca Stanzione

Milano- I problemi del Trasporto pubblico locale post lockdown sono al centro delle considerazioni del sindacato. Ne parla Luca Stanzione, segretario Filt Cgil Lombardia, sul quotidiano Il Giorno: “Si stima che il 40% degli spostamenti via Trasporto Pubblico Locale pre lockdown fosse per lavoro: è questo il dato che potrebbe crollare con il prolungarsi dello smartworking. Chi dice che in due anni recupereremo la riduzione dell’80% della domanda di questi mesi, pensa ad un ritorno al passato che assomiglia ad una “comfort zone” per chi ha responsabilità nella programmazione del servizio. L’altro dato pre-lockdown da tenere a mente quando si ragiona di Trasporto Locale in Lombardia è che l’80% degli spostamenti avveniva attraverso il mezzo privato. Conseguenza di anni in cui aumentava la domanda di trasporto locale scatenando una battaglia impari tra enti locali sempre più deboli e soggetti privati dotati di una strategia di espansione lungimirante, dal loro punto di vista, mentre Regione Lombardia giocava un ruolo da notaio. Il risultato è stato l’abbandono di interi territori della Lombardia e la loro trasformazione in aree interne simili a quelle di alcune zone degli Appennini. A questo trend se ne aggiungeva un altro: la concentrazione demografica in alcune grandi aree urbane della Lombardia e la mancanza di un unico decisore pubblico ha portato ad uno sviluppo della Sharing Mobility solo in alcune aree di città, in una fase in cui, per esempio, Deloitte stima un crollo del 37% delle immatricolazioni auto e in un’epoca in cui è ormai nota la correlazione tra inquinamento da particolato e salute. La pandemia ha aggiunto nuovi bisogni a ritardi e contraddizioni del passato. Prima di marzo ovunque in Lombardia chiedevamo un potenziamento dei trasporti locali, oggi sappiamo che vi è la necessità di non aumentare il numero di persone che per paura – comprensibile – e necessità di igiene ricorreranno al trasporto individuale privato. Avremmo bisogno di diminuire la pressione demografica sull’urbano a favore di una crescita diffusa e – per quanto possibile – ad uno sviluppo diffuso che nulla ha a che vedere con il ridimensionamento produttivo, ma ha molto a che fare con una forte interconnessione fra le persone. Le grandi aziende sembrano già orientate a sviluppare modelli di organizzazione del lavoro in autonomia perché prive di un interlocutore pubblico. In questo i Trasporti saranno – come sempre – una leva determinante. Facciamo un esempio: se uno degli studenti dei sette poli universitari di Milano che arrivano dalle altre provincie lombarde e italiane sarà in grado di usufruire della didattica in presenza utilizzando un mix di trasporti pubblici individuali e collettivi, che lo portino a destinazione in un tempo stimato nel 20% del suo tempo di attività, partendo ed arrivando da un punto collocato fuori dalle maggiori città, vorrà dire dare possibilità di inclusione a diverse aree della Lombardia e a migliaia di persone. Pensiamo solo cosa vorrebbe dire per il prezzo degli affitti delle grandi aree urbane che negli ultimi anni ha tanto pesato sull’autonomia dei giovani. Anche per i lavoratori l’obiettivo rimane lo stesso: garantire una mobilita pubblica veloce, sicura, integrata (non solo gomma – ferro ma anche collettiva – individuale) per aree della Lombardia oggi abbandonate. Come fare? Prima della pandemia la “scusa” erano le ristrettezze economiche, oggi di 209 miliardi a disposizione del Paese, 70 miliardi sono destinati alla mobilità. Dal 2017 vi è l’obbligo per le città sopra i 100mila abitanti di adottare un Piano per la Mobilitá. Nell’era del covid è indispensabile un Piano per la Mobilitá lombarda: Regione avvii una programmazione, il sindacato confederale c’è.