CGIA: 6500 imprese artigiane chiuse nei primi 6 mesi del 2019

Mestre (Ve) – Sebbene nel secondo trimestre si sia verificata una leggera ripresa, permane il cattivo stato di salute dell’artigianato in Italia. Nei primi 6 mesi di quest’anno lo stock delle imprese artigiane è diminuito di 6.564 unità. Al 30 giugno scorso, il numero complessivo si è attestato a quota 1.299.549. Ad eccezione del Trentino Alto Adige, in tutte le altre regioni italiane il saldo 1 del primo semestre è stato negativo. I risultati più preoccupanti si sono registrati in Emilia Romagna (-761), in Sicilia (-700) e in Veneto (-629). A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Una moria, quella delle aziende artigiane, che dura ormai da 10 anni. Tra il 2009 e il 2018, infatti, il numero complessivo è sceso di quasi 165.600 unità. “La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti – afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare l’attività. E per rilanciare questo settore è necessario, oltre ad abbassare le imposte e ad alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale. Negli ultimi 40 anni c’è stata una svalutazione culturale che è stata spaventosa. L’artigianato è stato dipinto come un mondo residuale, destinato al declino e per riguadagnare il ruolo che gli compete ha bisogno di robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra la scuola e il lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese. Oggi, invece, sono percepiti dall’opinione pubblica come scuole di serie b. Per alcuni, infatti, rappresentano una soluzione per parcheggiare per qualche anno quei ragazzi che non hanno una grande predisposizione allo studio. Per altri costituiscono l’ultima chance per consentire a quegli alunni che provengono da insuccessi scolastici, maturati nei licei o nelle scuole tecniche, di conseguire un diploma di scuola media superiore”. “E nonostante la crisi e i problemi generali che assillano l’artigianato – prosegue il segretario Renato Mason – non sono pochi gli imprenditori di questo settore che segnalano la difficoltà a trovare personale disposto ad avvicinarsi a questo mondo. Soprattutto al Nord, si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani disposti a fare gli autisti di mezzi pesanti, i conduttori di macchine a controllo numerico, i tornitori, i fresatori, i verniciatori e i battilamiera. Senza contare che nel mondo dell’edilizia è sempre più difficile reperire carpentieri, posatori e lattonieri. Più in generale, comunque, l’artigiano di domani sarà colui che vincerà la sfida della tecnologia per rilanciare anche i “vecchi saperi”. Alla base di tutto, comunque, rimarrà il saper fare che è il vero motore della nostra eccellenza manifatturiera”.