Sala: autonomia, no a un nuovo centralismo

Beppe Sala
Beppe Sala

Sala: autonomia, no a un nuovo centralismo

Milano – “A me non piacciono gli slogan e vorrei concretamente porre qualche domanda”, prosegue il sindaco di Milano nella sua lettera a Repubblica. “Le Regioni che vogliono più autonomia chiedono di gestire più competenze o semplicemente più risorse e quindi più potere? E se alcune Regioni avessero più risorse come si farebbe, onestamente, a non penalizzare le altre? E posto che la moneta non la si può stampare a piacimento, chi sarebbero i penalizzati di turno? Ancora una volta i Comuni? Fateci capire, prima di andare avanti. Perché ad oggi si capisce poco”. “Il nostro Paese rischia di perdersi in una condizione nella quale il sindaco della città che, come dicevo, fa il 10% del Pil deve chiedere il permesso a mamma Regione per aumentare il biglietto di 50 centesimi e assicurare un trasporto pubblico più efficiente anche nel suo hinterland. E non pare strano che ambiti cruciali quali scuola, sicurezza, sanità e turismo siano costantemente sottoposti alla sovrapposizione di poteri, istituzioni e controlli incrociati?”, prosegue Sala. “Penso che siamo sulla strada sbagliata se autonomia non significa riorganizzare le nostre Istituzioni, ma diventa un’occasione per stritolare ancora di più le città nella morsa degli apparati regionali e statali. Si fa finta di non sapere che sono i sindaci e le loro amministrazioni ad essere, dalla mattina alla sera e ogni giorno dell’anno, i primi interlocutori dei cittadini e il primo baluardo di legalità”, conclude Sala. “Spiacerà a qualcuno, ma la molla dello sviluppo del lavoro e della crescita sono le città”. Oggi Sala è poi tornato sulla lettera e sulle reazioni che ha suscitato: non voleva essere una provocazione, come ha detto il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana. “Non credo che sia cosi’ – ha detto margine di una serata su Giulio Regeni alla Fabbrica del vapore – Sto sollevando un tema importante e ho avuto la solidarieta’ di molti sindaci che si trovano come me a rischiare di essere un po’ schiacciati. Secondo me, puntare cosi’ tanto sulle regioni vuol dire andare indietro nella storia. Lo sviluppo, la capacita’ di crescita e l’innovazione sociale nascono nelle citta’, in particolare nelle grandi citta’. Quindi il mio intento non voleva essere solo provocatorio, pero’ quando sollevi questioni fondamentali, come quale assetto istituzionale si vuole dare all’Italia a livello locale e su cosa vuol puntare, allora diventa una provocazione. La provocazione e’ un tweet di 8 righe, io invece ho scritto una lettera che spiega le ragioni e non mi pare per niente polemica”.