Conflavoro PMI: contratti collettivi da rivedere

Milano – Il contratto collettivo? Uno strumento da rivedere. E’ quanto emerge da un sondaggio effettuato da Conflavoro PMI e che ha testato il gradimento di oltre 2000 aziende sparse su tutto il territorio nazionale, e rappresentative di tutti i comparti industriali, in relazione alla contrattazione collettiva e alle sue norme. I dati sono stati presentati durante il forum nazionale intitolato Contrattazione e lavoro: la libertà associativa e sindacale nel XXI secolo, organizzato proprio dall’associazione datoriale delle piccole e medie imprese guidata da Roberto Capobianco. Le imprese interpellate da Conflavoro PMI, con diverse gradazioni, non si ritengono soddisfatte dei contratti collettivi per le esigenze delle imprese per oltre un quarto (25,42%) e in particolare l’8,47% si dichiara non soddisfatto per niente. La maggioranza degli interpellati, il 36,4%, si colloca in una fascia di media soddisfazione. Abbastanza soddisfatti quasi il 30% degli imprenditori interpellati (29,66%), mentre si dichiara totalmente soddisfatto l’8,47% del campione. Nel particolare, a soddisfare di meno gli imprenditori sono i giorni di prova dettati dai contratti collettivi di lavoro che risultano, all’interno del campione, l’elemento che meno risponde alle esigenze delle aziende. A seguire, a pari merito, l’insoddisfazione per la retribuzione netta mensile erogata ai lavoratori e il rapporto percentuale fra dipendenti a tempo determinato e a tempo indeterminato per gestire le esigenze del datore di lavoro, stagionali o in occasioni di contrazione del mercato. Dati che rappresentano una conferma della visione del presidente Roberto Capobianco: “La contrattazione collettiva – ribadisce – è uno strumento che va in qualche modo ripensato alla luce delle nuove esigenze del mondo del lavoro. Il tema sollevato dagli imprenditori su questioni cruciali come il periodo di prova, la retribuzione netta, il rapporto numerico fra dipendenti a tempo determinato e indeterminato conferma quelle che, prima dei dati, erano per noi questioni già evidenti. E’ questo il motivo per cui, in questi mesi, e lo faremo anche in futuro, ci stiamo interrogando sulla questione della necessità di intervenire sul mondo dei contratti, sulla questione della rappresentatività di chi li firma, con l’obiettivo primario di combattere il fenomeno del dumping contrattuale, una sorta di guerra al ribasso dei diritti e delle condizioni economiche dei lavoratori”.