Inca: Rapporto sui voucher, Inps e Inail

Roma – Rapporto Inca sui voucher. Su 10 euro di voucher, all’Inps e Inail vanno 2 euro e 50 centesimi. Ma gli ultimi 50 cent non vanno a formare la pensione né ad assicurare il lavoratore, bensì costituiscono quello che il patronato della Cgil chiama “aggio”, un po’ come quello richiesto da Equitalia per la riscossione dei tributi evasi. Nel 2016, a fronte di 133.800.000 voucher venduti, l’Istituto nazionale di previdenza – scrive nero su bianco l’Inca – ha incassato 67 milioni di euro. Il 5% del valore del voucher – precisa l’Inps – spetta per legge al concessionario del servizio, l’inps. In realtà, per effetto delle convenzioni stipulate con i sub concessionari che si occupano unitamente a Inps della vendita e della riscossione dei voucher (Poste, Tabaccai, Intesa Sanpaolo e Icbpi) tale quota viene corrisposta da Inps a questi ultimi. E sempre per effetto delle convenzioni, sui soli voucher venduti da tabaccai, Intesa Sanpaolo e dalle Banche convenzionate con l’Icbpi, all’Inps spettano 20 centesimi per ogni transazione d’acquisto. All’Inps, rimane il 5% solo per i voucher di propria emissione, quelli telematici, oltre ai 20 centesimi su ogni transazione d’acquisto di voucher dagli altri soggetti, ma indipendentemente dal numero di voucher acquistati con la singola transazione d’acquisto (che siano 2 o 1000). Dunque, rivendica l’Istituto di previdenza, la somma effettivamente incassata dall’ Inps in qualità di concessionario, è di gran lunga inferiore a quanto indicato. E sul futuro pensionistico dei voucheristi (il cui imponibile contributivo lordo annuo è pari a 9.333 euro) le cose stanno anche peggio. L’Inca ha messo a confronto un lavoratore a voucher con quattro categorie di lavoratori: un collaboratore, un part-time, una partita Iva, un lavoratore con il contratto agricolo. E le differenze sono significative. Sul sito di Rassegna Sindacale è Lisa Bartoli (Inca) a illustrare i particolari del Rapporto sui voucher, “Buoni sì, ma per oscurare lavoro e tutele”.