Rai: piano editoriale, per la Cgil di Milano, occasione persa

Milano – Con una nota, la Camera del Lavoro di Milano e Slc stigmatizzano la situazione in Rai. “Quando, a fine novembre, abbiamo letto le anticipazioni di stampa del documento di Carlo Verdelli, vice direttore generale per l’informazione, lo abbiamo subito giudicato un testo opportuno e ragionevole (cercando di togliere l’ingessatura che soffoca la Rai da decenni, metteva mano all’organizzazione aziendale senza sconquassi e ribaltamenti), interessante (affrontava di petto il tema della qualità dell’informazione), doveroso ( riportava appunto l’attenzione sul prodotto invece che sulle soluzioni spartitorie), attento (rimetteva in gioco il territorio in quanto portatore di novità e mutamenti da cogliere immediatamente). In più si sentiva un lieve, piacevole profumo di “dejà vu” (l’idea di strutturare il servizio pubblico secondo “macroregioni” ricordava le nostre proposte da inserire in una legge – la 1138 – poi arenatasi proprio sulla questione del decentramento ideativo e produttivo). Insomma, un testo che poteva rappresentare un’ottima base di partenza e discussione. Nessuna soluzione cruenta, ma alcune idee ben formulate da parte di un occhio esterno quindi estraneo alle mortali logiche Rai (e la Commissione parlamentare di Vigilanza doveva essere di questo parere, tant’è vero che lo ha approvato ). Opportuno, ragionevole, interessante, doveroso, attento e in più il via libera dell’editore, quindi, cosa fatta? Assolutamente no, il Consiglio di Amministrazione lo ha respinto all’unanimità. Se abbiano prevalso le solite logiche correntizie dei partiti o se si tratti del riflesso condizionato degli amministratori Rai, per cui mai nulla deve cambiare in questa disgraziata azienda, poco importa. Il guaio è che si è persa un’occasione, l’ennesima. Immobilismo, ingessatura, manovre di corridoio, congiure di Palazzo, autoconservazione patologica: ecco in cosa sono maestri i nostri amministratori. Ombre molto cupe si allungano sul futuro del servizio pubblico nel nostro Paese. Tutto questo senza che l’azienda si sia sentita in dovere di convocare le organizzazioni sindacali per confrontarsi su un tema cosi importante per il futuro della Rai”.