E-Commerce: Cgil, commercio e lavoro digitale, quali prospettive

Bergamo – Chiedendo agli studenti dell’Università degli Studi di Bergamo se abbiano mai fatto acquisti on line, il 96% ha risposto di sì. Di questi, il 12,5% ha comprato qualcosa in rete anche nelle 72 ore precedenti l’avvio della ricerca. Sono alcuni dei dati forniti dal Professor Marco Lazzari, docente di Tecnologie didattiche, Tecnologie telematiche e Prorettore presso l’Università degli Studi di Bergamo, durante il suo intervento di questa mattina al convegno dal titolo “E-Commerce. Quali prospettive, tra occupazione e consumi?”. L’iniziativa, organizzata dalla Filcams-Cgil di Bergamo insieme alla Camera del Lavoro provinciale nell’ateneo di via dei Caniana 2, ha riunito esperti e sindacalisti attorno agli stessi interrogativi: cosa accadrà ai lavoratori dei tradizionali punti vendita quando il commercio on line sarà diventato prevalente rispetto all’acquisto in negozio? Quali figure professionali richiederà (e forse già richiede oggi) una trasformazione del genere? Interessante osservare quali prodotti siano stati acquistati on line: l’85% ha risposto di aver acquistato libri, giornali e riviste, il 71% viaggi (aereo, treno, albergo …), il 63% biglietti per spettacoli eventi sportivi o mostre, mentre il 58% delle risposte ha fatto riferimento a capi d’abbigliamento, il 54% a ricariche telefoniche, solo il 13% a musica. Mario Colleoni, segretario generale provinciale della Filcams-Cgil ha detto: “A Bergamo siamo più che mai convinti sia necessario ‘fare sistema’, perché l’E-commerce deve essere vissuto come un’opportunità: istituzioni, imprenditori, l’università e il sindacato dovranno collaborare in questa direzione. Alcune stime ci dicono che, a breve, il commercio elettronico giungerà a rappresentare il 5% del PIL: ecco perché Bergamo, se vorrà essere protagonista del cambiamento e non subirlo, dovrà accettare la sfida. Per questo il rapporto fra territorio, sindacato e imprese sarà fondamentale affinché questo business non venga gestito solamente da multinazionali, ma anche da realtà locali che potranno creare differente e nuova occupazione”. “È chiaro che avremo la necessità di rintracciare e tutelare i lavoratori là dove si troveranno ad operare, in un’azienda o a casa loro. Per evitare il rischio di restare inoccupati è sempre più urgente attuare politiche formative adeguate affinché ogni singolo lavoratore si possa spendere al meglio di fronte alle nuove tipologie di lavoro, ricordandoci che il linguaggio digitale ormai dev’essere considerato come una prima lingua”.