Obesità: Usa, bambini a rischio depressione

Milano – La ricerca riguarda bambini nati e cresciuti negli Usa ma impressiona ugualmente. Pubblicata su ‘Child Development’, l’indagine è stata condotta da ricercatori della Oklahoma State University, dell’University of Arkansas for Medical Sciences, dell’University of North Carolina-Greensboro e della West Virginia University e porta allo scoperto il rischio obesità e le possibili conseguenze. Gli scienziati hanno indagato direttamente sul vissuto reale dei baby-obesi, raccogliendo informazioni provenienti da più fonti di coetanei in diversi gruppi di peso. Oltre ai malanni congeniti si può affacciare la depressione. E’ dura la vita dei baby-oversize: già in tenera età la taglia XXL diventa una ‘lettera scarlatta’ che rischia di allontanarli dal mondo dei coetanei e di segnarli in fondo all’anima. Secondo un nuovo studio condotto negli Usa – dove circa un bambino su 20 è gravemente obeso con costi annui miliardari per il Governo – già al primo grado di obesità i bambini con tanti chili di troppo hanno maggiori probabilità di diventare introversi e mostrare segni di depressione. L’obesità infantile è quasi quadruplicata nella fascia tra i 6 e gli 11 anni di età dal 1980 a oggi. Dallo studio emerge che più l’ago della bilancia schizza in alto, peggiori sono le conseguenze. I bimbi gravemente obesi sono stati presi in giro più dei compagni in sovrappeso. Non solo: vengono attivamente rifiutati dai pari e frequentemente citati come i meno preferiti. Tutti questi fattori a lungo andare possono esacerbare nei bambini oversize i conflitti con il loro peso. Ad esempio, il rischio è che si trovino a mangiare per compensazione, presi dalla ‘fame nervosa’, per affrontare il dolore del rifiuto. Altra deriva è quella di evitare i giochi fisici con i compagni per sfuggire a eventuali derisioni. E come in un circolo vizioso anche queste reazioni rischiano portare a un aumento di peso aggiuntivo.