Cgil, Cisl, Uil, Unia, Ocst, Syna, Vpod, Syndicom, frontalieri: riformare senza penalizzare, servono soluzioni e non tasse

Cgil, Cisl, Uil, Unia, Ocst, Syna, Vpod, Syndicom, frontalieri: riformare senza penalizzare, servono soluzioni e non tasse

Milano – A oltre un anno e mezzo dall’entrata in vigore della cosiddetta “tassa sulla salute” a carico dei frontalieri italiani in Svizzera appartenenti al vecchio regime fiscale, le Regioni di confine italo-svizzero non hanno ancora definito le modalità attuative per rendere applicabile il provvedimento. Fin dall’inizio, le Organizzazioni Sindacali firmatarie hanno evidenziato le criticità di questa misura: si tratta di un balzello ingiustificato che introduce una doppia imposizione per i lavoratori frontalieri tutelati dalla clausola di salvaguardia, i quali devono continuare a essere tassati esclusivamente in Svizzera, generando gettito per l’Italia attraverso i ristorni fiscali. Inoltre, il reddito imponibile su cui applicare la nuova tassa non è disponibile, e la Confederazione Elvetica ha giustamente respinto le reiterate e anomale richieste italiane di violare il trattato bilaterale, che prevede lo scambio di informazioni solo per i “nuovi” frontalieri. Va inoltre sottolineato come l’entità del prelievo fiscale previsto non possa rappresentare, per modalità e dimensioni, un deterrente all’emigrazione sanitaria verso la Svizzera da parte del personale italiano. Negli ultimi giorni, anche ampie parti del mondo politico regionale hanno condiviso queste perplessità: alla contrarietà espressa dal Piemonte e al silenzio eloquente di Valle d’Aosta e Alto Adige, si sono aggiunti dubbi e distinguo anche nella maggioranza che governa la Regione Lombardia. Il termine “tassa” ha ormai sostituito il più edulcorato “contributo” e si moltiplicano le richieste, da più parti politiche, di verificare la legittimità del provvedimento attraverso apposite mozioni nei Consigli regionali di Lombardia e Piemonte. Dopo 21 mesi di mancata applicazione, è evidente che non ci troviamo solo di fronte a ritardi burocratici, ma a problemi strutturali del provvedimento stesso. Le scriventi Organizzazioni Sindacali ribadiscono la netta contrarietà alla tassa e ricordano che la partecipazione dei “vecchi” frontalieri alla fiscalità italiana si concretizza già tramite i ristorni fiscali (il 40% delle imposte versate in Svizzera). Il 50% di queste risorse è destinato alla spesa corrente dei Comuni di frontiera – garantendo servizi essenziali e funzionamento delle amministrazioni – anche grazie all’accordo siglato nel 2020 tra organizzazioni sindacali, ACIF e MEF. L’altro 50%, destinato agli investimenti, è invece da tempo oggetto di usi impropri, come testimoniato dalla legge di bilancio 2025. È proprio su questa parte che si può intervenire per finanziare il sistema sanitario, evitando soluzioni incostituzionali. Infine, alla luce della prima convocazione del tavolo interministeriale del 24 febbraio 2025, prevista dalla legge 83/23, le scriventi organizzazioni sindacali chiedono di procedere rapidamente con la definizione del regolamento di funzionamento del tavolo, passaggio imprescindibile per avviare la fase operativa. Occorre finalmente affrontare in quella sede le vere priorità del lavoro frontaliero: lo Statuto dei lavoratori frontalieri, l’esigibilità dell’Assegno Unico Universale Frontalieri (AUUF), le modalità attuative della nuova NASPI, l’estensione delle retribuzioni convenzionali come previsto dall’intesa con il MEF del luglio 2024.