Impianti di riciclo organico, Lombardia sul podio

Attilio Fontana
Attilio Fontana

Il sistema impiantistico lombardo per la gestione dei rifiuti organici e la loro trasformazione in compost è tra i migliori a livello nazionale. A rivelarlo è uno studio realizzato dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Informatica dell’università di Roma Tor Vergata, guidato dal professor Francesco Lombardi e commissionato da Biorepack, consorzio nazionale per il riciclo organico delle bioplastiche compostabili.

L’analisi dell’ateneo romano si è incentrata sul livello di performance dei 112 principali impianti italiani, nei quali viene trattato il 96% di tutti i rifiuti organici (pari a 4,8 milioni di tonnellate). Il risultato della Lombardia è legato soprattutto alla capacità della rete di impianti di digestione anaerobica e compostaggio presenti sul territorio (sono 16 quelli presenti sul territorio regionale e considerati nello studio) di minimizzare gli scarti, mantenendoli in media al di sotto del 15% del rifiuto trattato, grazie a una efficace raccolta differenziata dell’umido e dei materiali compostabili e di criteri di trattamento che massimizzano la produzione di compost di qualità.

Per avere un’idea di confronto: a livello nazionale, il tasso medio di scarti sfiora il 22%, a causa della presenza fra i rifiuti organici in ingresso agli impianti di una quota di materiali non compostabili del 7,1%. Un problema sia ambientale sia economico, perché pregiudica i margini di redditività delle attività di trattamento dei rifiuti. “In termini economici – si legge infatti nello studio – una produzione di scarti maggiore del 15% rispetto al rifiuto trattato risulterebbe economicamente non sostenibile, considerando che le attuali tariffe medie per lo smaltimento degli scarti sono, nella migliore delle ipotesi, circa il doppio di quelle del ritiro del rifiuto organico. Un impianto che abbia una produzione di scarti superiore al 15% genera verosimilmente un conto economico in perdita rispetto al processo di riciclo organico. Inoltre, valori superiori al suddetto limite sicuramente non contribuiscono in maniera positiva al raggiungimento degli obiettivi europei sull’effettivo riciclo”.

Per comprendere meglio il valore della performance della Lombardia, è utile evidenziare un altro dato: fra le regioni italiane, solo il Friuli Venezia Giulia riesce a mantenere gli scarti sotto la soglia del 10% mentre il Veneto si attesta su posizioni analoghe a quelle del sistema lombardo. In Puglia, Liguria e Piemonte gli scarti sono invece sotto al 20%. Nelle restanti 12 Regioni superano addirittura il 20%. “Le valutazioni esplicitate nel nostro studio devono servire da stimolo per delineare un quadro d’insieme da cui trarre le necessarie indicazioni al fine di attuare le azioni più appropriate per l’efficientamento complessivo del sistema nazionale di raccolta e riciclo della FORSU” osserva il professor Lombardi.

“Solo così il sistema Italia può massimizzare i tassi di riciclo dei rifiuti organici che costituiscono quasi il 40% di tutti i rifiuti domestici, rafforzare la transizione circolare e raggiungere gli obiettivi previsti dalle normative europee secondo le quali i rifiuti che finiscono in discarica non devono superare il 10% del totale” aggiunge il direttore generale di Biorepack, Carmine Pagnozzi. Ma lo studio dell’ateneo romano è servito anche a verificare le modalità di gestione, all’interno del processo di trattamento organico, dei rifiuti in bioplastica compostabile (sempre più presenti nella nostra vita quotidiana, sotto forma di sacchetti per la raccolta dell’umido domestico, bioshopper ma anche piatti, bicchieri e posate). In tal senso, l’analisi ha confermato che il loro comportamento è del tutto analogo a quello del resto dell’umido domestico che viene riciclato all’interno degli impianti. “Le evidenze – si legge nello studio – hanno confermato che esse non presentano problemi gestionali negli impianti con elevato indice di riciclo, ossia con alta efficienza degradativa. In tali contesti, le bioplastiche rappresentano una indubbia risorsa in quanto contribuiscono ad aumentare la quantità di materiale avviabile a riciclo, diminuendo allo stesso tempo gli scarti di processo”.