Grant Thornton: cala l’ottimismo economico delle imprese

Milano – Permane il sentiment di sfiducia sulla ripresa economica registrato a livello globale nella prima metà del 2022. La percentuale delle aziende ottimiste subisce infatti un ulteriore rallentamento nel secondo semestre (-5%) passando dal 64% al 59%. Tale trend colpisce anche l’Europa dove la frenata dell’ottimismo supera la media globale al -9% (dal 52% del 1° semestre al 43% del 2° semestre) mentre l’Italia rimane stabile scendendo di un solo punto percentuale, dal 48% al 47%. L’ultimo International Business Report (IBR), analisi che il network di consulenza internazionale Grant Thornton effettua a livello globale sui dirigenti di oltre 2500 imprese del mid-market, evidenzia un clima generale di sfiducia sulle aspettative future verso alcuni dei principali driver di sviluppo economico che lasciano intravedere un anno ricco di sfide per il buon andamento del business. Gli effetti del conflitto russo-ucraino, l’inflazione elevata e l’impennata dei prezzi dell’energia hanno causato un peggioramento delle aspettative di crescita verso cui le aziende continuano a mostrare una certa prudenza. In particolare, il 60% delle aziende cita l’incertezza economica insieme ai costi dell’energia come vincolo principale alla crescita, a cui seguono la disponibilità di forza lavoro qualificata (57%) e il costo del lavoro (55%). Guardando ai ricavi, scende lievemente il numero di imprese che ne stima una crescita per il 2023, passando dal 58% al 56% del secondo semestre 2022, mentre l’indice è in miglioramento in Italia dove le aziende ottimiste aumentano dal 44% al 49%, resta stabile in Europa al 49%. Diminuisce, seppur in modo marginale, anche la percentuale delle aziende che prevede di assumere personale nel prossimo anno, passando dal 50% del primo semestre dell’anno al 48% del secondo semestre, in Europa passa dal 40% al 36%, mentre in Italia il dato si abbassa di un solo punto percentuale dal 41% al 40%. Per quanto riguarda la redditività, migliora leggermente il numero di aziende che ne stima una crescita per il 2023, passando dal 54% al 55% nella seconda metà dell’anno, cala invece in Europa da 42% al 41%, mentre rimane costante in Italia al 45%. Sull’aumento dei salari, sebbene la percentuale delle imprese che prevede di aumentare lo stipendio dei propri dipendenti resti molto alta (82%), si registra dopo 2 anni consecutivi di crescita un lievissimo calo del -1%. In tale contesto di instabilità le aspettative di espansione sui mercati internazionali restano però elevate, con il 45% delle aziende globali che si aspetta una crescita dell’export (44% nel 1° semestre), segue l’Italia al 41% (vs 34%) e l’Europa al 37% (vs 35%). Contrariamente alla flessione che si manifesta in Europa e nel mondo, in Italia un numero crescente di aziende prevede di aumentare sia i ricavi connessi alle esportazioni (passando dal 37% al 39%) sia il numero di Paesi nei quali esportare (passando dal 33% al 35%), e si mostrano ottimiste anche in merito al ricorso a fornitori sui mercati esteri che dovrebbe aumentare secondo il 30% delle aziende (25% nella prima metà dell’anno). Nella seconda metà dell’anno le aziende del mid-market continuano ad intraprendere, in risposta al clima di sfiducia, alcune misure strategiche per lo sviluppo del business. Il 57% delle aziende prevede di aumentare gli investimenti in tecnologia nei prossimi 12 mesi (60% nel 1° semestre), seguito dal 47% dell’Europa (46% nel 1° semestre) e dal 54% dell’Italia (dato rimasto invariato). Seguono gli investimenti in competenze del personale (53%) e ricerca e sviluppo (51%). In Italia, al fine di identificare e colmare le lacune nell’area nelle competenze professionali e restare così competitive sul mercato, la maggior parte delle aziende si è posta l’obiettivo di migliorare l’analisi del mercato e delle abitudini della concorrenza (52%), e ha intenzione di attuare una più qualificata valutazione interna delle carenze nelle abilità professionali (50%). Guardando al 2023, in riferimento agli obiettivi considerati prioritari dalle aziende italiane per la crescita del business, si trova in cima alla classifica il taglio dei costi dell’energia riportato dal 47% del campione, al secondo posto l’incremento della redditività (40%), segue l’incremento del portfolio clienti (37%) e al quarto posto gli investimenti in ricerca e sviluppo (32%). Alessandro Dragonetti, Managing Partner e Head of Tax di Bernoni Grant Thornton, commenta: “Per le aziende del mid-market che oggi si trovano ad operare in un contesto che le rende particolarmente vulnerabili – complice una serie di fattori quali l’ondata inflazionistica, il caro energia e la guerra – le sfide che si troveranno ad affrontare sono molteplici. In questo nuovo scenario di riferimento sarà necessario rivedere la strategia e i modelli operativi per una pianificazione a lungo termine in grado di contrastare i possibili rischi derivanti dal peggioramento delle condizioni di approvvigionamento dei fattori produttivi e dalla volatilità del mercato di riferimento. In tale contesto le imprese dovranno altresì aumentare gli investimenti in innovazione e tecnologia per efficientare i processi – azioni che molte di loro hanno già intrapreso, come emerso dall’analisi – ma anche acquisire professionalità qualificate tali da comprendere i mercati e i settori in cui operano i competitor nonché, porre in essere azioni tese a stimolare la loro permanenza nell’impresa”. “Puntare infine – conclude Dragonetti – sull’internazionalizzazione. Espandere il business oltre confine è stata da sempre una delle principali risposte vincenti all’incertezza”.