Mondiali Qatar 2022: 6500 lavoratori morti

FILE - Branding is displayed near the Doha Exhibition and Convention Center in Doha, Qatar, Thursday, March 31, 2022. Qatar is a devoutly apolitical place, with speech and assembly heavily restricted and a large population of foreign workers who could lose their livelihoods if they cause a stir. But that could change next month, when an estimated 1.2 million soccer fans descend on the tiny Gulf Arab nation for the World Cup. (AP Photo/Darko Bandic, File)

Mondiali Qatar 2022: 6500 lavoratori morti

Roma – Ormai ci siamo. L’inizio dei mondiali di calcio in Qatar è nell’aria. Il quotidiano on line della Cgil, Collettiva. Pubblica un servizio sui lavoratori morti nella realizzazione degli impianti. Nessuno vuole rovinare la festa, ma fermarsi a pensare per poi agire in futuro è d’obbligo: 6500 lavoratori migranti morti in circa dieci anni, 12 alla settimana, nel Paese arabo che per affrontare il Campionato di calcio ha dovuto costruire sette stadi, oltre a infrastrutture di ogni genere compresa la città che ospiterà la finale. Il progetto giornalistico Cards of Qatar ha pubblicato un album di figurine che non ritraggono però i campioni dei Mondiali, ma i morti sul lavoro per i monumentali lavori costati ben 200 miliardi di dollari. Organizzazioni umanitarie e sindacati, subito dopo l’assegnazione della sede dei Mondiali al Qatar, hanno denunciato le condizioni più che precarie di sicurezza e salute nelle quali lavorano gli operai nel Paese arabo. Questo anche a causa del sistema della kafala, secondo il quale il lavoratore deve legarsi a uno sponsor che dovrebbe garantire per lui, ma che in realtà acquisisce un potere tale da privarlo di tutti i diritti. Racconta Marco Benati, responsabile del dipartimento per le Politiche internazionali e Cooperazione della Fillea Cgil e che ha partecipato nel 2017 alle missioni in Qatar con il Bwi (il Sindacato internazionale dei lavoratori dell’edilizia e del legno) e alle ispezioni sulla sicurezza allo stadio Al Bayt: “Non ci hanno fatto vedere moltissimo, ma ci siamo resi conto del forte controllo sui lavoratori e della loro mancanza di libertà”. Ed è questo che l’ha particolarmente colpito, le difficoltà a parlare con i lavoratori, come anche la reazione delle autorità che, in un’occasione, hanno trattenuto per due ore la delegazione sindacale adducendo come motivo presunte irregolarità, il tutto in un “clima molto pesante”. “I Mondiali hanno messo in luce una tendenza generalizzata di alcuni Paesi – prosegue Benati -.  La Fifa è stata troppo timida. Il campionato è stato assegnato a un Paese che non garantisce i diritti dei lavoratori” e Fifa, Coni e Parlamento italiano avrebbero dovuto prendere una posizione”. Le iniziative sindacali hanno comunque prodotto un qualche risultato: la Fifa è stata costretta “a prendere una posizione e appoggiare il monitoraggio e la formazione dei lavoratori in Qatar”, si è avviato un confronto per adottare organizzazioni del lavoro e costituire a Doha “un centro sindacale per lavoratori migranti, dove possano riunirsi, associarsi e avere un sostegno a livello internazionale”. Dal canto suo Amnesty International, che si batte da dodici anni per i diritti dei lavoratori migranti in Qatar, punta la sua attenzione sui risarcimenti. “Abbiamo chiesto alla Fifa di instituire un fondo di 440 milioni di dollari per risarcire i lavoratori per i danni subiti – spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia e autore del libro ‘Qatar 2022, i mondiali dello sfruttamento -. Risarcimenti per i mancati versamenti degli stipendi e soprattutto per le famiglie dei morti sul lavoro, quelle di origine che avevano nei loro familiari in Qatar l’unica rimessa possibile e fonte di reddito e si sono unicamente indebitate fino all’ultimo per fare i funerali”.