CGIA: serve un tetto al prezzo del carburante, altrimenti stop per trasportatori, taxi e Ncc

CGIA: serve un tetto al prezzo del carburante, altrimenti stop per trasportatori, taxi e Ncc

Mestre – In attesa che l’Agenzia delle Entrate consenta alle imprese di autotrasporto di recuperare una parte delle accise sui carburanti dei mezzi con massa complessiva superiore alle 7,5 tonnellate, anche i taxisti, gli autonoleggiatori con conducente (Ncc), i bus operator, gli agenti di commercio e i piccoli trasportatori sono allo stremo. Stiamo parlando dei cosiddetti “professionisti della strada”; con il gasolio per autotrazione che in questi ultimi giorni ha superato i 2 euro al litro, molte attività lavorano in perdita. Se teniamo conto che per queste categorie il carburante incide per il 30 per cento circa sui costi di gestione totali, a seguito di questi rincari il quadro generale è drammaticamente peggiorato. Ricordiamo, altresì, che nell’ultimo anno il prezzo alla pompa del diesel è aumentato del 50 per cento. Pertanto, senza alcun aiuto, questi operatori economici rischiano il fermo, come è stato costretto a farlo nelle settimane scorse il settore della pesca, sempre a causa del caro gasolio. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. A preoccupare i “professionisti della strada” non è solo il caro carburante. A differenza dei colleghi europei, le categorie richiamate più sopra dispongono di servizi inferiori e subiscono costi fissi superiori. Se in Olanda, in Germania e in buona parte della Spagna, ad esempio, le autostrade sono gratis, in Italia i pedaggi sono tra i più cari d’Europa. Senza contare che abbiamo un deficit logistico/infrastrutturale spaventoso che, secondo il Ministero delle Infrastrutture, costa al sistema economico del Paese 40 miliardi di euro all’anno. Se nel decreto Aiuti approvato dal Consiglio dei Ministri il 18 marzo scorso oltre alla riduzione delle accise sono state introdotte anche delle misure specifiche per l’autotrasporto, queste ultime, sebbene non ancora esecutive, interesseranno marginalmente i piccoli padroncini, in particolar modo i monoveicolari. Se, infatti, teniamo conto che solo poco più dell’8 per cento degli autocarri immatricolati in Italia ha una massa complessiva superiore alle 7,5 tonnellate (pari a 346.482 autocarri), peso oltre il quale il proprietario beneficia di un parziale rimborso delle accise sul gasolio, il rimanente 92 per cento circa dei veicoli (3.908.524 autocarri) non gode di alcun sconto. Va ricordato, altresì, che il credito di imposta per il rimborso delle accise sui carburanti è previsto per legge anche per i taxisti e per i bus scolastici. Per gli autonoleggiatori con conducente, invece, questo beneficio è riconosciuto solo a coloro che hanno la licenza rilasciata da amministrazioni comunali dove non sono presenti i taxi. Il credito di imposta, infine, non è previsto per gli agenti di commercio e per i bus turistici. A fronte dell’impennata dei prezzi dei carburanti registrata in questo ultimo anno, per la CGIA l’unica soluzione praticabile è quella di introdurre un tetto temporaneo al prezzo alla pompa, cosa che, ovviamente, andrebbe fatta anche per il gas. Il decreto taglia accise che ha ridotto per legge di 25 centesimi al litro il prezzo alla pompa di benzina e diesel è stato ormai abbondantemente “neutralizzato”; i rincari, infatti, hanno ormai “incorporato” lo sconto. Sino alla metà del mese di marzo del 2022, ogni 3 mesi i proprietari di mezzi pesanti con massa superiore alle 7,5 tonnellate (ed almeno di categoria EURO 5), recuperavano, attraverso un credito di imposta, 214,18 euro ogni 1.000 litri. Pari alla differenza tra l’accisa che versano quando fanno rifornimento (617,40 euro ogni 1.000 litri) e quella prevista per il gasolio commerciale (403,22 euro ogni 1.000 litri). Ora, con il DL Aiuti, siamo in attesa dell’introduzione di un credito di imposta al 28%. 4 Al 31 dicembre 2021, in Italia erano immatricolati 4.257.182 autocarri. Di questi, 3.908.524 (pari al 91,8 per cento del totale), erano mezzi con una massa complessiva a pieno carico inferiore alle 7,5 tonnellate. Vediamo, nel dettaglio, i numeri dei settori che compongono la cosiddetta categoria dei “professionisti della strada”. Secondo le ultime statistiche disponibili del Centro di Elaborazione Dati (CED) del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS), il numero di imprese di autotrasporto presenti in Italia è pari a 98.517. Il CED, inoltre, segnala che in Italia ci sono 1.685 attività di autotrasporto sospese e 16.877 imprese che, nonostante siano iscritte, non hanno veicoli. Queste ultime sono attività su cui da tempo il Comitato Centrale ha avviato procedure di accertamento. Pur essendo previsto dalla normativa vigente l’esercizio della professione anche con veicoli non di proprietà, da una prima analisi è emerso che si tratta in molti casi di imprese che non hanno più i requisiti per essere iscritte all’Albo dell’autotrasporto. Al di là di queste precisazioni, a livello regionale la Lombardia è la realtà territoriale che presenta il numero più elevato: 14.131. Seguono l’Emilia Romagna con 10.532, la Campania con 9.436, il Veneto con 9.171 e il Lazio con 8.937. A livello provinciale, invece, è Roma a registrare il numero più importante: 6.199. Seguono Napoli con 4.502, Milano con 4.000, Torino con 2.962, Palermo con 2.494, Bari con 2.396, Salerno con 2.393, Bologna con 2.371 e Brescia con 2.163.