Cisl Lombardia: “Lavoratori in missione temporanea in Svizzera costretti a restituire parte degli stipendi”

Cisl Lombardia: “Lavoratori in missione temporanea in Svizzera costretti a restituire parte degli stipendi”

Milano –  Giovanni, il nome di fantasia perché è in corso una vertenza legale, fino al 2018 ha lavorato per un’azienda italiana del settore montaggio mobili e impianti. E’ stato mandato più volte in missione temporanea in Svizzera e a fine mese, come i suoi colleghi assunti da aziende svizzere, ha percepito fino anche a 3.500 euro netti. Peccato che la differenza tra la retribuzione italiana e svizzera, anche pari a circa 2.000 euro, dovesse restituirla all’azienda. Pena, la perdita del posto di lavoro. Giovanni non è il primo lavoratore a trovarsi in una situazione del genere. Negli ultimi anni, sono stati diversi, e in aumento, i casi segnalati agli Uffici vertenze della Cisl. A lanciare l’allarme è lo stesso coordinatore regionale, Antonio Mastroberti. “I dipendenti di aziende italiane o di altri Paesi che vengono mandati in missione temporanea in Svizzera per lavoro, hanno diritto a percepire la retribuzione prevista per i lavoratori svizzeri del settore per il periodo di lavoro  ivi prestato. E l’importo spesso è pari a due volte lo stipendio  italiano”, spiega Mastroberti. Per una retribuzione “italiana” di € 1.500 netti, dunque, Giovanni è arrivato a percepire anche 3.500 euro netti. Il datore di lavoro ha inserito in busta paga l’importo aggiuntivo e ha bonificato il corrispettivo. La norma ha lo scopo di evitare il dumping salariale e quindi evitare che in svizzera i lavoratori stranieri possano percepire una retribuzione più bassa che possa favorire le aziende straniere a scapito di quelle svizzere. “Ma come sempre accade ci sono i furbi! – sottolinea il coordinatore degli Uffici Vertenze Cisl in Lombardia -. Il malcostume è diffuso. Abbiamo scoperto che in alcuni casi  l’azienda paga con bonifico quanto riportato in busta paga, ma poi chiede al lavoratore di restituire la differenza in contanti . Purtroppo il lavoratore se vuole continuare a lavorare si sente costretto a farlo e magari solo una volta cessato il rapporto di lavoro è nelle condizioni di denunciare questa forma di estorsione!”.