Coronavirus, in Lombardia 18.600 aziende metalmeccaniche in crisi

Coronavirus, in Lombardia 18.600 aziende metalmeccaniche in crisi

Milano – In Lombardia sono oltre 18.600 le aziende metalmeccaniche colpite dalla crisi causata dall’epidemia di coronavirus. Lo rileva la Fim Cisl nel 49 Rapporto sulle situazioni di crisi, che rende noto i dati sulla richiesta di ammortizzatori sociali da gennaio a giugno 2020. Le aziende interessate sono passate dalle 392 di fine 2019 a 18.673 (+4664%), mentre i lavoratori coinvolti salgono da 17.288 a 382.885 (+2115%); erano 17.288 nel periodo precedente). “I dati dimostrano quanto l’impatto del coronavirus sia stato profondo e quanto sia necessario che il piano per l’utilizzo del Recovery fund si concentri su transizione tecnologica, formazione e politiche attive, investimenti a favore dei soggetti piu’ deboli. Permanendo il divieto di licenziamento e gli ammortizzatori sociali, temiamo un contraccolpo occupazionale nel 2021”, commenta Andrea Donega’, segretario generale della Fim Cisl Lombardia, il sindacato dei lavoratori metalmeccanici. Nel semestre aumenta il numero delle imprese coinvolte dalla cassa integrazione ordinaria (14.468 aziende contro le 359 del semestre precedente) e il numero di lavoratori coinvolti (339.248 contro i 15.343 del semestre precedente). Aumenta anche il numero delle imprese che hanno fatto ricorso alla cassa straordinaria intendendo, in questo caso, unicamente, la cassa integrazione in deroga, utilizzata da 4.195 aziende (24 nel semestre precedente) per un totale di 43.531 lavoratori coinvolti (1.762 nel semestre precedente). – La mobilita’, anche e soprattutto per il divieto ai licenziamenti imposto per decreto, resta praticamente costante per quel che riguarda il numero di aziende interessate, ovvero 10 (9 aziende nel semestre precedente) fissando a 106 il numero di lavoratori coinvolti (183 nel semestre precedente). “Temiamo che i lavoratori piu’ colpiti, alla fine, saranno quelli a salario piu’ basso, occupati in attivita’ a bassi contenuto tecnologico e valore aggiunto, ai margini delle catene globali delle produzioni – sottolinea Donega’ – il rischio e’ quello di aumentare le disuguaglianze e la forbice tra alte professionalita’, che possono lavorare anche da remoto, e quelle piu’ povere dal punto di vista dei contenuti professionali, con mansioni ripetitive o che necessitano di lavoro in presenza e in prossimita’, una condizione resa difficile dal distanziamento. Sono questi i lavoratori che rischiano di pagare il prezzo piu’ alto. Uno scenario a cui dobbiamo opporci con un investimento straordinario in formazione e riqualificazione per non lasciare indietro nessuno”. I territori maggiormente coinvolti nel semestre sono quelli di Bergamo (il 23,88% sul totale dei lavoratori di aziende in crisi in Lombardia), Brescia (il 17,62%), Monza Brianza (il 15,36%) e Milano (il 13,36%). Seguono gli altri territori con sospensioni minori.