Unioncamere Lombardia, secondo trimestre 2020: la contrazione supera il 20%

Milano – “Anche nel secondo trimestre, come previsto, l’impatto della pandemia sul settore manifatturiero lombardo è fortemente negativo.” Dichiara il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio. “La contrazione dell’indice della produzione supera il 20% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno sia per l’industria (-20,7) che per l’artigianato (-24,3) portandosi sotto i livelli minimi del 2009. Le imprese riportano forti riduzioni sia nella domanda interna che in quella estera e anche il fatturato si allinea alle altre variabili: il calo sul II° trimestre 2019 è del -19,6% per le aziende industriali e del -23,5% per l’artigianato. Ciò nonostante migliora il sentiment degli imprenditori e il trimestre estivo potrebbe segnare l’inizio della fase di recupero.” Il secondo trimestre 2020 registra una più forte contrazione della produzione industriale sia rispetto al trimestre precedente (variazione congiunturale destagionalizzata -12,7%) che sullo stesso trimestre del 2019 (la variazione tendenziale scende al -20,7%). Andamento simile anche per la produzione delle aziende artigiane manifatturiere: si fissa al -12,8% la variazione congiunturale destagionalizzata e la corrispondente variazione tendenziale si porta al -24,3%. L’indice della produzione industriale oltrepassa il punto di minimo registrato nella crisi del 2009, scendendo fino a quota 87,7 (dato destagionalizzato) annullando gli effetti postivi dell’andamento dell’ultimo decennio. Per le aziende artigiane l’indice della produzione scende bruscamente a quota 74,7 (dato destagionalizzato, base anno 2010=100), nuovo punto di minimo della serie, allontanandosi ancor più dal recupero che sembrava vicino a fine 2019. Nell’industria, tiene sostanzialmente il comparto Alimentare (-5,7%) con un tasso di utilizzo degli impianti superiore al 70% e a una domanda in flessione solo contenuta, sia sul versante interno (-6,8%) che su quello estero (-4,1%). Cala il fatturato (-8,7%) con una leggera riduzione delle scorte di magazzino. Fa meglio degli altri settori anche la Chimica (-15,4%) che però nel secondo trimestre – nonostante abbia mantenuto nel periodo di lockdown tassi di attività vicini al 95% – perde terreno rispetto all’alimentare. Il peggiore risultato riflette probabilmente la minore richiesta di medicinali, disinfettanti e detergenti e la contestuale riduzione nella domanda di prodotti non legati all’emergenza. Il dato più negativo è quello rilevato per il settore delle Pelli-calzature che segna uno scarso utilizzo degli impianti (42,8%) e una contrazione della domanda che supera il 50% dai mercati esteri (determinanti per questo settore con una quota sul fatturato del 54,3%) e una drammatica contrazione del fatturato: -45,9% su base tendenziale. I Mezzi di trasporto, settore molto esposto sui mercati esteri con una quota del fatturato del 57,2%, registrano una contrazione degli ordini del 34,9% dall’estero e del 32,8% dall’interno e la perdita di fatturato si attesta al -29,5%. Tra i settori in maggior sofferenza (produzione -36,9%) anche il Tessile. Registrano contrazioni di poco superiori alla media regionale la Carta-Stampa (-21,7%), che comprende prevalentemente imprese che stampano giornali e riviste, producono imballaggi in carta o fabbricano prodotti igienico-sanitari in carta e ovatta di cellulosa; la Siderurgia (-22,4%); l’Abbigliamento (-23,0%); i Minerali non metalliferi (-23,2%); il Legno-mobilio (-23,4%). Risultati migliori della media si registrano invece per la Gomma-Plastica (-19,7%); la Meccanica (-19,5%); le Manifatturiere varie (-16,3%). Il quadro settoriale dell’artigianato è simile a quello dello scorso trimestre. Anche qui il settore meno penalizzato è quello Alimentare (-13%) mentre si conferma l’impatto particolarmente pesante per Pelli-calzature (-46,8 %) seguito da Tessile (-34,2%) e Manifatturiere varie (-35,1%). Tra gli altri settori solo la Gomma-plastica (-21,7%) e la Meccanica (-22,7%) mostrano una perdita inferiore alla media, mentre Siderurgia, Minerali non metalliferi, Carta-stampa, Legno-mobilio e Abbigliamento archiviano flessioni dei livelli produttivi comprese tra il -25% e il -30%. Il dato medio generale nasconde andamenti disomogenei non solo a livello settoriale ma anche tra le stesse imprese: le aziende industriali che segnalano una forte contrazione produttiva raggiungono il 71% mentre quelle che indicano incrementi di produzione superiori al 5% sono il 16% (erano il 22% nello scorso trimestre). L’andamento per l’artigianato è simile, con la quota di aziende in forte contrazione che tocca il 72% e quelle in crescita che passano dal 23% al 17%. In entrambi i comparti si sono ridotte significativamente le quote di imprese stazionarie e quelle in crescita o contrazione moderata con una polarizzazione della performance. Le aspettative sulla domanda futura degli imprenditori industriali rimangono complessivamente negative ma mostrano un deciso miglioramento rispetto allo scorso trimestre. La possibilità di riapertura di tutte le attività – anche se con costi aggiuntivi legati alle regole di distanziamento e sanificazione – e il rallentamento della pandemia nei paesi economicamente più legati alla Lombardia, hanno portato ad un minore pessimismo degli imprenditori lombardi circa le prospettive di recupero della domanda a partire dal trimestre estivo. Nella lettura del dato bisogna però considerare che il 45% circa degli imprenditori intervistati prevede un livello degli ordini invariato nel prossimo trimestre. Si registra anche un miglioramento delle aspettative sulla produzione dopo il crollo dello scorso trimestre, che lascia intravvedere alcuni timidi spiragli di ottimismo. Anche in questo caso la quota di imprenditori che prevede livelli stabili per la produzione è intorno al 40%. Per l’artigianato le aspettative seguono una dinamica simile, ma in questo caso il rimbalzo si ferma su livelli di saldo ancora molto negativi. L’occupazione presenta un saldo negativo per l’industria (-0,3%) e si osserva un irrigidimento generale del mercato del lavoro come conseguenza dei provvedimenti nazionali, con il tasso d’uscita fermo all’1,3% e il tasso di ingresso che scende all’1,0%, valore che non veniva registrato dal 2013. Si fa evidente l’effetto dell’emergenza sanitaria nel ricorso alla CIG che aumenta ancora considerevolmente: la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione balza al 71% e con una quota sul monte ore tripla rispetto al trimestre scorso (12,8%). Saldo occupazionale negativo (-0,4%) anche per l’artigianato – con tassi d’ingresso (1,2%) e uscita (1,6%) in calo rispetto ai trimestri precedenti e attestati sui valori minimi storici. Cresce fortemente il ricorso alla CIG con il 69,8% delle aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione; la quota sul monte ore è del 20,1%. Le aspettative sull’occupazione sono invece stabili con saldo nullo, ma in questo caso, la quota di imprenditori che non prevede variazioni di rilievo sale al 77%. Il dato è fortemente influenzato dal blocco dei licenziamenti e dalla possibilità di ricorrere alla CIG, per cui l’impatto effettivo sui livelli occupazionali sta slittando in avanti. Per l’artigianato le aspettative sull’occupazione rimangono invece in territorio negativo, pur migliorando rispetto al trimestre precedente.