PAT, Commissione di verifica gestione emergenza covid-19: mortalità inferiore rispetto alla media

Milano – La Commissione di verifica gestione emergenza covid-19 presso il Pio Albergo Trivulzio (PAT) istituita da Regione Lombardia e Comune di Milano, ha presentato in data odierna la relazione conclusiva frutto di 23 riunioni (22 tramite teleconferenza e l’ultima in presenza), 16 audizioni e l’esame di oltre 1.400 documenti da molteplici fonti. Dalla relazione, in particolare, emerge che nel periodo gennaio/aprile 2020: “Il rapporto tra decessi osservati e decessi attesi nel primo quadrimestre nel PAT è stato pari a 1.7 mentre quello corrispondente nelle RSA di ATS Milano è stato pari a 2.2; Un eccesso di mortalità durante l’emergenza Covid-19 (marzo-aprile 2020) nella sezione RSA del PAT molto inferiore a quello medio delle altre RSA nel medesimo periodo (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.9 vs 3.7) e di poco superiore a quello verificatosi nella popolazione generale over 70 di ATS (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.3); Un eccesso di mortalità durante l’emergenza Covid-19 nella RSA Principessa Jolanda (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.1) e nel reparto PRINGE (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 1.8) molto inferiore a quello medio delle altre RSA (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 3.7) e di dimensioni simili a quelle della popolazione generale over 70 (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.3); Un eccesso di mortalità durante l’emergenza Covid-19 tra gli ospiti delle Cure Intermedie (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 1.2) che risulta inferiore sia a quello medio della popolazione generale over 70 (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 2.3) che a quello osservato nelle analoghe strutture di ricovero per Cure Intermedie presenti nel territorio di ATS Milano (Rapporto Decessi Osservati/Attesi = 1.7)”. Nel periodo considerato, va inoltre tenuto conto che l’analisi dei movimenti di pazienti dall’inizio dell’epidemia registra solo 14 trasferimenti dal PAT verso ospedali cittadini. La relazione, tra l’altro, evidenzia che: “Nel PAT lavorano circa 900 operatori sanitari e sociosanitari. La quota di operatori assenti dal lavoro all’inizio dell’emergenza (21 febbraio 2020) era pari circa al 30%. Tale percentuale ha raggiunto il 57% nel periodo dell’emergenza Covid-19 (21 febbraio – 3 giugno 2020) mentre gli operatori congedati per infortunio (segnalati a INAIL per contagio da Sars-CoV-2) sul numero di operatori presenti in servizio è stata pari al 9%”. Nella relazione vengono messe in luce anche le criticità esterne e interne che hanno condizionato la gestione dell’’emergenza, sottolineando che: “Pur disponendo di un solido sistema di gestione della Prevenzione e Sicurezza aziendale il PAT non è sempre riuscito a dare adeguata applicazione alle procedure di tutela degli operatori durante l’emergenza da SARS-CoV-2 a causa di più fattori critici concomitanti. Alcuni di questi fattori sono derivati da difficoltà e ostacoli esterni al PAT (la scarsa disponibilità di Dispositivi di Protezione Individuale e la difficoltà di un loro reperimento; l’indicazione ministeriale di effettuare i tamponi nasofaringei per ricerca di RNA virale solo all’ingresso in ospedale) cui si sono sommate alcune criticità interne (un elevato tasso di assenteismo del personale, anche prima dell’emergenza sanitaria, che ha raggiunto dimensioni tali da rendere difficoltoso non solo il rispetto di regole e procedure ma gli stessi livelli di assistenza; la difficoltà dell’Unità di Coordinamento a incidere efficacemente sui comportamenti concreti anche per la presenza di criticità relazionali accentuate dalle difficoltà a comunicare direttamente soprattutto durante le fasi iniziali dell’emergenza)”, a cui si aggiungono le considerazioni che: “la possibilità di una pandemia da coronavirus non era contemplata neppure dai piani pandemici nazionali e regionali” e che: “Hanno certamente diminuito l’efficacia delle procedure di isolamento la ridotta disponibilità di mezzi di protezione individuale e l’ingravescente carenza di personale di assistenza in servizio che non ha consentito di organizzare turni di personale dedicato in modo esclusivo ai diversi nuclei”. A pag. 15 della relazione, inoltre, si afferma che. “Nella documentazione disponibile (vedi anche l’audizione del Prof. Bergamaschini) non si sono reperiti riscontri circa gli asseriti ordini impartiti a taluni operatori di non indossare DPI che non fossero stati forniti dall’ASP”. La relazione si conclude con alcune raccomandazioni: “Indipendentemente dall’intervento delle Autorità sanitarie internazionali e nazionali cui spetta il compito di attivare la predisposizione dei Piani Pandemici, alcune azioni possono essere rapidamente realizzate direttamente dalle strutture (l’addestramento di tutto il personale, la disponibilità abbondante di DPI anche per gli ospiti e i visitatori esterni, una puntuale regolamentazione degli accessi in struttura, l’immediata attivazione del sistema interno di sorveglianza attiva)”. Raccomandazioni in buona parte già rese operative dal PAT. “La relazione fa giustizia del grande lavoro svolto dal PAT nelle eccezionali e gravi condizioni in cui si è sviluppata la pandemia a Milano e in Lombardia nel primo quadrimestre del 2020 – commentano Maurizio Carrara e Giuseppe Calicchio, rispettivamente Presidente del Consiglio di Indirizzo e Direttore Generale dell’ASP IMMeS e Pio Albergo Trivulzio” e ricordano che: “Dal 25 febbraio la Protezione Civile aveva bloccato le acquisizioni periferiche di DPI; i tamponi a ospiti e personale è stato possibile farli solo da metà aprile; le indicazioni d’uso dei DPI ffp2 e anche completi per personale che operava con esposizione a droplet e con pazienti sintomatologici erano già operative con i bollettini di febbraio”.