Allarme Confcommercio: ancora chiusi il 27% di bar e ristoranti

Roma – Ennesimo allarme di Confcommercio che con Swg ha elaborato una indagine a due settimana dall’avvio della Fase 2. Delle quasi 800 mila imprese del commercio e dei servizi che sono potute ripartire solo l’82%, il 94% nell’abbigliamento e calzature, l’86% in altre attivita’ del commercio e dei servizi ma solo il 73% dei bar e ristoranti. Il 18% delle imprese che potevano riaprire non l’ha ancora fatto e la percentuale sale al 27% tra bar e ristoranti. Soprattutto, per quasi il 30% delle imprese che hanno riaperto, rimane elevato il rischio di chiudere definitivamente a causa delle difficili condizioni di mercato, dell’eccesso di tasse e burocrazia e della carenza di liquidita’. Il 44% delle imprese del commercio e dei servizi ha beneficiato dei bonus previsti dal governo per fronteggiare i danni dell’emergenza Covid, come il bonus di 600 euro, ma e’ ancora estremamente bassa la quota di chi ha ottenuto prestiti garantiti o fruito della cassa integrazione. La ridotta dimensione delle imprese, spesso con pochi o nessun addetto se non il titolare, chiarisce la ricerca – spiega in parte la scarsa diffusione della Cig. Infatti, solo due quinti delle micro-imprese presenta addetti e, quindi, solo questa frazione avrebbe avuto necessita’ della cassa in deroga. “Specularmente, – chiarisce Confcommercio – il ricorso a prestiti e’ prevedibilmente piuttosto rarefatto. Le imprese di minori dimensioni, avendo perso per oltre 2 mesi quasi il 100% del fatturato non hanno convenienza a contrarre ulteriori prestiti i quali andrebbero ripagati con un reddito futuro la cui formazione appare oggi molto incerta. E’ logico aspettarsi che un eventuale maggiore sostegno attraverso gli indennizzi possa spingere anche a un maggiore ricorso ai prestiti con garanzia pubblica, perche’ risulterebbe meglio compensata la perdita fino ad oggi subita”. Nella prima settimana della fase 2 la media dei giudizi si collocava largamente al di sotto della sufficienza. Nella settimana successiva questi timori si confermano: il 68% degli imprenditori dichiara che i ricavi delle prime due settimane sono inferiori alle aspettative, quando gia’ le aspettative stesse erano piuttosto basse. La stima delle perdite di ricavo rispetto ai periodi “normali” per oltre il 60% del campione e’ superiore al 50%, con un’accentuazione dei giudizi negativi nell’area dei bar e della ristorazione, segmento dove si concentrano maggiormente perdite anche fino al 70%. “Purtroppo, le valutazioni conclusive sono fortemente negative. Fin qui, nell’esplorazione delle due indagini, svolte a distanza di una settimana, emerge una significativa oscillazione dei giudizi tra la voglia di tornare a fare business e percezioni piuttosto cupe sull’andamento dei ricavi, il tutto condito da un esplicito orientamento delle imprese volto a smussare l’impatto delle difficolta’ e dei problemi”, conclude Confcommercio. Se nella prima settimana solo il 6% degli intervistati indicava un’elevata probabilita’ di chiusura dell’azienda, nella seconda ondata di interviste, a fronte di un ragionamento piu’ articolato, il 28% degli intervistati afferma che, in assenza di un miglioramento delle attuali condizioni di business, valutera’ la definitiva chiusura dell’azienda nei prossimi mesi. A corroborare questa suggestione intervengono i timori che nel prossimo futuro si dovra’ comunque richiedere un prestito (50% del campione), non si sara’ in grado di pagare i fornitori (40%) ne’ di sostenere le spese fisse (43%).