Coronavirus: appello dei sindaci del milanese a Lombardia, cambiare rotta

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Milano – Ottantuno sindaci della citta’ metropolitana di Milano chiedono alla regione Lombardia un “cambio di strategia”: “Siamo in ritardo, ma siamo ancora in tempo”, si legge nella lettera. Lo soluzione che propongono e’ “la sorveglianza attiva” a casa di chi ha sintomi ma non e’ stato ricevuto in ospedale. “Dal confronto con i medici di base, che hanno il contatto diretto con la popolazione, emerge che a loro giudizio l’epidemia e’ piu’ diffusa di quello che appare dai dati ufficiali e che conseguentemente il numero di malati e’ sicuramente piu’ alto” denunciano i primi cittadini nella missiva. Dal loro punto di osservazione sono in grado di dire che “molti sono a casa con sintomi riconducibili al Covid-19 ma non ricorrendo alle cure ospedaliere non vengono sottoposti a tampone e quindi non sono tracciati e non essendo tracciati potrebbero contribuire al diffondersi dell’epidemia”. “C’e’ inoltre la situazione delle persone sottoposte a quarantena il cui numero appare assolutamente sottostimato e che quindi rappresenta un aspetto del contagio largamente fuori controllo” scrivono ancora. Gli esempi che prendono a riferimento sono le “esperienze all’estero e in Italia, prima fra tutte quella della regione Veneto, che indicano come strada alternativa quella della ‘sorveglianza attiva’ che prevede di fare i tamponi a tutte le persone con sintomi riconducibili al Covid19, soprattutto le persone che sono a casa ammalate e non ricorrono all’assistenza ospedaliera, e in base al risultato di sottoporre conseguentemente a tampone i familiari e tutte le persone con le quali sono entrate in contatto”. Modelli che “hanno dimostrato la loro validita’ e che, sebbene in ritardo, possono essere introdotte anche nella nostra Regione”, richiamano. La richiesta alla Regione Lombardia e’ chiara: “Cambiare rotta”, ma non solo: “Studiare ed attuare con i tecnici delle Aziende Sanitarie e gli esperti di epidemiologia una strategia che punti sulla sorveglianza attiva e sull’assistenza medica domiciliare. E di arrivare alla definizione di un patto per la salute dei lombardi esteso a tutti i soggetti coinvolti che condividono una strategia di azione comune”. I sindaci, poi, fanno un drammatico appello a “sottoporre periodicamente al tampone i medici di base e ancor piu’ di dotarli in giusta quantita’ di tutti gli strumenti indispensabili per poter eseguire in massima sicurezza l’assistenza al domicilio dei pazienti, che le sperimentazioni in corso in Emilia Romagna dimostrano essere un valido strumento di azione”. Non intendono infine restare con le mani in mano nei loro municipi restano: “I comuni si mettono a disposizione per fare la loro parte, anche individuando e mettendo a disposizione, con il supporto di Regione Lombardia, strutture idonee per ospitare le persone che devono trascorrere il periodo di quarantena e non lo possono fare al loro domicilio”. Fra i primi cittadini che hanno firmato l’appello ci sono Yuri Santagostino, sindaco di Cornaredo, Michela Palestra di Arese, Fabio Bottero di Trezzano sul Naviglio, Moreno Agolli di Arluno, Gilberto Barki di Grezzago, Sonia Belloli di Zibido San Giacomo, Maria Rosa Belotti di Pero, Riccardo Benvegnu’ di Binasco, Sara Bettinelli di Inveruno, Paolo Branca di Carpiano, Ezio Casati di Paderno Dugnano, Andrea Checchi di San Donato Milanese e non solo.