CGIA: piccole imprese e fisco, l’analisi (2)

Mestre – A livello territoriale le realtà più a rischio sono quelle del Sud: in Calabria la stima di evasione è al 24,2 %, in Campania è al 23,2%, in Sicilia al 22,2% e in Puglia al 22 per cento. Nelle regioni del CentroNord, invece, la situazione desta meno preoccupazioni. Infatti, in Veneto il tasso di evasione si attesta al 13,8 per cento, nella Provincia autonoma di Trento e in Friuli Venezia Giulia scende al 13,3%, in Lombardia al 12,5%, fino a fermarsi al 12 % nella Provincia autonoma di Bolzano (vedi Tab. 3). Dalla CGIA fanno sapere che in questa elaborazione l’ammontare delle imposte evase a livello regionale è stato stimato applicando al valore aggiunto sommerso di ogni regione un coefficiente determinato dal rapporto tra il gettito fiscale e il valore aggiunto desumibile dai conti nazionali, al netto dell’economia non osservata. Ma ad evadere sono i piccoli? L’economia non osservata (data dalla somma del valore aggiunto riconducibile alle sotto-dichiarazioni, al lavoro irregolare e alle attività illegali), nel 2016 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili) ha prodotto 209,8 miliardi di euro di imponibile sottratto al fisco, dando luogo ad una evasione di imposta di poco superiore ai 113 miliardi di euro l’anno. A causa dell’infedeltà fiscale degli italiani, per ogni 100 euro di gettito incassato, l’erario, a livello nazionale, perde 16 euro. E’ evidente che il mondo dell’evasione/elusione fiscale presente in Italia è molto più articolato di come viene superficialmente descritto da molti osservatori. Se il barista o l’idraulico non emettono lo scontrino o la ricevuta fiscale, il cliente finale se ne accorge ed è in grado di denunciare l’infrazione. Che potere di interdizione ha, invece, di fronte all’evasione delle grandi multinazionali del web che, secondo il Fondo Monetario Internazionale, sottraggono al fisco italiano 20 miliardi di euro all’anno? Ed ancora. Dopo gli scandali di “Panama Paper” e della “lista Falciani” – dove un numerosissimo gruppo di faccendieri, finanzieri, manager pubblici, grandi imprenditori, vip del mondo dello spettacolo hanno trasferito illegalmente decine e decine di miliardi di dollari nei paradisi fiscali di tutto il mondo – quanti cittadini onesti si sono indignati di fronte delle misure legislative applicate in questi ultimi anni (come la voluntary disclosure) che hanno consentito a molti di questi soggetti di “sanare” la propria posizione nei confronti del fisco italiano? E ancorché non si possa parlare di evasione, perché mai l’opinione pubblica non si scandalizza nei confronti di molte holding italiane (FCA, Eni, Enel, Ferrero, Telecom, Saipem, Luxottica Group, Illy, etc.) che da qualche anno hanno trasferito la sede legale principale, o di una consociata, nei Paesi Bassi per beneficiare anche della fiscalità di vantaggio offerta da questo Paese? Artigiani e commercianti non sono contrari al pagamento con moneta elettronica Il governo Conte bis sembra sempre più intenzionato a contrastare l’utilizzo del contante, sostenendo la tesi che c’è una stretta correlazione tra l’elevata circolazione della carta moneta e l’evasione fiscale. L’ipotesi allo studio del nuovo esecutivo pare sia quella di incentivare i pagamenti elettronici, attraverso la concessione di una detrazione fiscale annua rapportata al valore complessivo delle transazioni effettuate dai possessori delle carte. Grazie a questo sconto fiscale, il numero delle transazioni con carte di debito o di credito dovrebbe aumentare notevolmente a scapito dei contanti e, conseguentemente, favorire la riduzione del “nero”. Ovviamente, tutti gli operatori economici dovranno consentire il pagamento, cosa peraltro già in vigore per legge dal 30 giugno 2014, ma non ancora molto diffuso, dal momento che non sono state ancora definite le sanzioni economiche nei riguardi di coloro che si rifiutano di accettare la moneta elettronica. La ragione della mancata definizione delle sanzioni va ricercata nell’impossibilità di trovare un accordo tra il Governo e il sistema bancario italiano sul costo delle commissioni. Ad oggi, quest’ultimo è tra i più elevati d’Europa: le transazioni di importo molto contenuto incidono in misura inaccettabile sui portafogli degli artigiani e dei commercianti. Se il Governo riuscirà ad “imporre” l’azzeramento dei costi di commissione, almeno per i pagamenti fino a 30 euro, siamo certi che gli artigiani e i commercianti non potranno che agevolare le transazioni con la moneta elettronica.