Dl Dignità, Anief: “Nella scuola verso il licenziamento di 50 mila maestri”

Roma – L’allarme che arriva dall’Anief Cisal è chiaro: “Decreto Dignità, respinti tutti gli emendamenti salva-scuola: si va verso il licenziamento di 50 mila maestri e un concorso straordinario per appena 12 mila posti che aprirà al ricorsificio”. Quello a cui porterebbe la misura del governo giallo-verde è, secondo il sindacato, il “più grande licenziamento di dipendenti pubblici della storia della Repubblica italiana, avallando un concorso traordinario, voluto dai parlamentari delle commissioni Cultura e Lavoro, che metterà in palio un numero di cattedre irrisorie, appena 12 mila a fronte di oltre 50 mila diplomati magistrali che lavorano stabilmente e ancora più laureati in Scienze della formazione primaria abbandonati al loro destino”.
Per Marcello Pacifico (Anief-Cisal), “si sta certificando il licenziamento, dal prossimo 30 giugno, di tanti maestri che avevano già erano stati assorbiti nei ruoli delle Stato, a cui si vanno ad aggiungere altri 43 mila docenti della scuola dell’infanzia e primaria che hanno sottoscritto un contratto annuale da GaE”.
Secondo Pacifico, poi, “ci sono tutti gli altri abilitati. Pensare di risolvere tutto questo con un ‘concorsino’ per 12 mila posti, appare l’ennesima manovra da fumo negli occhi. A questo punto, possiamo dire che il prossimo anno scolastico si ricorderà per essere tra i più disorganizzati e caotici”.
E ancora: “Con un decimo del personale della scuola precario, non può essere quella dei concorsi la strada da prendere. Ancora di più perché in grandissima parte i 100 mila insegnanti che vengono chiamati ogni anno per coprire altrettanti posti disponibili, sono già stati scelti, formati e abilitati all’insegnamento”.
In sostanza: “Ci ritroveremo in alcuni corsi di studio, quali appunto la primaria e la scuola dell’infanzia, per non parlare del sostegno e di alcune aree geografiche, in una situazione di vuoti da riempire che getterà i presidi nello sconforto”.
Secondo Pacifico, in conclusione, “quella che sta prendendo il Parlamento è una soluzione che scontenta tutti e crea le basi per una guerra interna alla docenza italiana: nell’ideare il concorso straordinario ci si è dimenticati di pezzi interi di categorie, anche queste già abilitate, solo perché non hanno svolto 24 mesi di servizio oppure perché la scuola non è statale, come ha osservato pure il servizio studi del Parlamento analizzando proprio il decreto Dignità, rappresenta una scelta che costerà carissima allo Stato: si va verso, in questo modo, uno dei più grandi ricorsi della storia della Repubblica italiana”.