Vacanze: Coldiretti, 35% della spesa a tavola (1)

Milano – Il 35% della spesa di italiani e stranieri in vacanza in Italia è destinato alla tavola per consumare pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per cibo di strada o specialità enogastronomiche. E’ quanto emerge dal Rapporto della Coldiretti su “Le vacanze italiane nel piatto 2018” per l’anno internazionale del cibo italiano nel mondo presentato al Villaggio della Coldiretti ai Giardini Reali di Torino con il più grande mercato agricolo a km zero mai realizzato affollato di turisti italiani e stranieri per l’acquisto dei tradizionali souvenir. L’alimentazione è diventata la principale voce del budget turistico con un impatto economico che raggiunge per la prima volta i 30 miliardi di euro su base annua divisi tra turisti italiani (60%) e stranieri (40%) che sempre più spesso scelgono l’Italia come meta delle vacanze per i primati enogastronomici, sulla base delle elaborazioni Coldiretti su dati Isnart-Unioncamere. Un valore che – precisa la Coldiretti – supera abbondantemente quello per l’alloggio pari a circa 24 miliardi, per l’acquisto di souvenir di abbigliamento e artigianato fermo a quasi 19 miliardi e le spese per trasporti e attività culturali, ricreative e di intrattenimento che sfiorano i 9 miliardi. Negli ultimi dieci anni si è verificata una vera esplosione in Italia della spesa turistica per la tavola che è balzata del 40% dal 2008 ad oggi nonostante gli anni di crisi che hanno colpito l’economia mondiale. Il cibo – rileva la Coldiretti – è insieme alla cultura il vero valore aggiunto della vacanza Made in Italy con 110 milioni di presenze motivate dal turismo enogastronomico, il 43% delle quali dovute agli italiani e il 57% agli stranieri. Tramite le degustazioni dei prodotti locali viene scoperto il territorio, le sue eccellenze e tipicità che lo rendono unico ed inimitabile. Sono sempre più frequenti – rileva la Coldiretti – le richieste di itinerari enogastronomici, di spostamenti, anche di breve soggiorno, per visite a cantine o aziende di produzione agricola, ma anche a laboratori di trasformazione che mantengono le tecniche tradizionali del luogo.