Primo trimestre, Fugazza (Claai-Unione Artigiani): rallentamento, ma situazione ancora positiva (2)

Milano – Secondo la Camera di Commercio di Milano, Lodi e Monza-Brianza, in Lombardia assistiamo a una impennata di imprenditori artigiani di origine straniera, che in un anno crescono del 2,5%, pari a 44630 ditte, più di mille in soli dodici mesi. Di contro, riscontriamo un dato particolarmente critico e cioè le imprese con a capo un under30 che crollano del 6%, pari a ben 1500 aziende in meno dal 2017. Erano 25057, sono oggi 23561. Si tratta pertanto di una medaglia a due facce. Da un lato, non possiamo che cogliere positivamente il forte attivismo degli stranieri in tanti settori artigiani che offrono spazi lasciati liberi dagli italiani. Mestieri che altrimenti andrebbero persi, vengono mantenuti in vita, consentendo di proseguire ad offrire prodotti e servizi che evidentemente il mercato richiede, in comparti che i nostri giovani non intendono più presidiare. Certo, vengono però messe in crisi quelle fondamenta tipiche del “made in Italy” che si poggiano su una cultura del fare e del bello tutto italiano che il mondo spesso ci invidia e su questo è opportuno intervenire. Di contro, la caduta dell’imprenditoria artigiana giovanile non può non farci riflettere su come sia doveroso ripensare ai modelli formativi favorendo l’inserimento dei giovani nelle imprese con l’apprendistato e l’alternanza scuola-lavoro. Fare l’artigiano, il piccolo imprenditore, impone sacrifici che probabilmente – nonostante le condizioni del Paese – spingono a testarlo a non considerare, anche a causa di condizionamenti culturali, l’artigiano come ad un professore appagante. Il quadro positivo dei numeri che Unioncamere presenta stamane è perciò mitigato, per l’artigianato, soprattutto da una preoccupazione per le nuove generazioni di artigiani, in settori che da secoli si basano sul passaggio generazionale di attività, di conoscenze, di tradizioni, di cultura. Una grave perdita non solo sotto il profilo strettamente economico, ma anche sociale e culturale che il Paese rischia di pagare a caro prezzo senza politiche di sostegno concreto alle imprese e che l’impasse di questi mesi per la nascita del nuovo Governo sembra drammaticamente confermare. Rilanciare la cultura e l’imprenditoria artigiana passando anche quindi dal sostegno della formazione professionale e dall’agevolare l’accesso al credito, particolarmente arduo per le “start up”.