Alzheimer e Parkinson: la frontiera della nutrizione

Milano – Una nutrizione appropriata può rappresentare un valido strumento di prevenzione e cura di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, la malattia di Parkinson e, in generale, tutte le malattie connesse al decadimento cognitivo e al malfunzionamento del sistema nervoso centrale. Questo il tema della conferenza stampa tenuta oggi a Milano dall’Associazione Brain and Malnutrition che ha presentato studi e ricerche che neurologi, nutrizionisti e geriatri illustreranno in dettaglio al 7° Congresso di Brain and Malnutrition (a Milano il 10 e 11 maggio). Tra i vari studi presentati, quello sugli effetti benefici dei semi di Mucuna sui pazienti Parkinson, che sta trovando una vasta applicazione in Africa e nei Paesi poveri. La Mucuna Pruriens è un legume che cresce spontaneamente nei Paesi tropicali e contiene alte percentuali dell’aminoacido Levodopa, la molecola di prima scelta nel trattamento della malattia di Parkinson. “Con gli studi sulla Mucuna siamo riusciti a trovare un prodotto naturale e nutrizionale che sta cambiando il futuro del trattamento della malattia per milioni di malati non abbienti – ha dichiarato Gianni Pezzoli, presidente Associazione Italiana Parkinsoniani – L’utilizzo della Mucuna, non autorizzato in Italia, rappresenta un’alternativa per i pazienti che vivono nei paesi poveri e non possono sostenere i costi della terapia farmacologica”. Avanza anche la ricerca sul rallentamento della progressione della malattia di Parkinson. Sono emerse nuove evidenze scientifiche che collegano l’attività del Microbiota (l’insieme dei batteri che popola l’intestino) al rischio di sviluppare disturbi neurologici. Ne ha parlato Roberto Cilia, neurologo del Centro Parkinson ASST G.Pini al CTO di Milano che ha sottolineato come i nuovi risultati pongano le basi scientifiche per studi futuri,che mirino a verificare un possibile effetto di rallentamento della progressione del Parkinson: “Il nostro gruppo di ricerca ha recentemente studiato le caratteristiche del microbiota in una popolazione di quasi 200 pazienti con malattia di Parkinson (includendo anche pazienti in stadio iniziale e mai trattati con farmaci) e rari parkinsonismi atipici a confronto con oltre 100 individui sani. I nostri risultati non solo confermano l’ipotesi che il microbiota differisca significativamente tra pazienti e sani, ma anche che specifiche anomalie della flora batterica intestinale possano influenzare la progressione della malattia stessa”.