Antimafia: Milano, Alessandra Dolci ai vertici della Dda

Milano – Non s’è mai sottratta ai dibattiti antimafia e alle lezioni nelle scuole. Come se la “missione” del magistrato non si fermasse all’ufficio al sesto piano di Palazzo di Giustizia o alle aule del Tribunale. E’ il Corriere Della Sera a tracciare un profilo di Alessandra Dolci, il magistrato che ha sostituito Ilda Bocassini ai vertici della Dda milanese. “Non basta il nostro lavoro, serve l’impegno di ogni cittadino”. E dal palco di Seregno (sua anche l’inchiesta su Lugarà e il sindaco Mazza) non usa giri di parole verso chi esalta la vittoria dello Stato sui clan sostenendo che la mafia sia ormai vinta. “Allo stesso modo c’è chi dice che si fa dell’inutile populismo, che si accresce nei cittadini la paura del fenomeno mafioso. Come se fossimo in qualche modo il ministero della paura… Chi sostiene queste cose, della ‘ndrangheta non ha capito nulla…”. Dolci parla di una mafia che ha cambiato pelle, non spara ma “serve”, “risolve problemi” e procura vantaggi a imprenditori e politici. “In 17 anni un solo imprenditore si è presentato alla mia porta per denunciare”. Chi pensa che la mafia sia meno pericolosa “non ne ha colto la mutazione genetica”, la capacità di adattamento a questi luoghi dove, per il procuratore, il peggio del Sud e il peggio del Nord si sono incontrati in un patto tra “mafia, corruzione e false fatturazioni”. Dove i politici bussano alla porta dei mafiosi per chiedere voti e sostegno elettorale. “C’è stato un abbassamento drastico della soglia della legalità. Molti ormai hanno idea che ciò che non è penalmente vietato sia cosa eticamente corretta”.