Roma – La tassa Airbnb, la cedolare secca sugli affitti brevi al 21% introdotta con la manovra bis, è stata bocciata dall’Autority Antitrust. Perché “appare potenzialmente idonea ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve”. Il garante riconosce che la legge serve a “contrastare il fenomeno dell’evasione”, ma segnala la necessità di modificare la norma ai presidenti di Camera e Senato, al ministero dell’Economia e all’Agenzia delle Entrate. La legge prevede anche che gli intermediari immobiliari – che siano portali online o agenzie tradizionali attive nel mercato degli affitti turistici – raccolgano le tasse dovute dai proprietari di casa e trasmettano i relativi dati all’Agenzia delle Entrate. I motivi? L’Autority dice di essere “pienamente consapevole che l’intervento del legislatore mira a realizzare un interesse pubblico di natura fiscale e a contrastare il fenomeno dell’evasione. Tuttavia – spiega – l’introduzione dei suddetti obblighi non appare proporzionata rispetto al perseguimento di tali finalità», che potrebbero «essere perseguite altrettanto efficacemente con strumenti che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali nell’ambito interessato». Tra l’altro, rileva ancora l’Antitrust, la norma rappresenta «un unicum nell’ambito del panorama europeo”. Poi la proposta: che la disciplina si limiti “a prevedere misure meno onerose per i soggetti coinvolti”, come “la previsione di un obbligo fiscale di carattere informativo in capo agli intermediari e ai gestori di piattaforme immobiliari telematiche”.