Federalberghi: atto d’accusa contro Airbnb, evasione e lavoro nero (2)

Roma – “Dall’analisi delle inserzioni presenti ad agosto 2016 sul portale Airbnb -spiega il presidente degli albergatori italiani- emergono quattro grandi bugie che smascherano definitivamente la favoletta della condivisione”. Eccole: Non è vero che si tratta di forme integrative del reddito, sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà (57,7%) degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Bettina che gestisce 366 alloggi, Daniel (293) e Simona (260). Non sono attività occasionali, la maggior parte (il 79,3%) degli annunci si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno. Non si condivide l’esperienza col titolare, la maggior parte degli annunci (70,2%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti in cui non abita nessuno. Non è vero che si sviluppano dove manca l’offerta, gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali. “Il consumatore è dunque ingannato due volte -sottolinea Bocca- in quanto viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività e del mercato”. Si pone inoltre con tutta evidenza un problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale, che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. “Il Piano strategico del turismo -conclude Bocca- afferma a chiare lettere la necessità di definire un quadro normativo e regolamentare che contrasti efficacemente il fenomeno dell’abusivismo. Confidiamo che si passi presto dalle parole ai fatti e che un primo segnale venga già nei prossimi giorni in Parlamento con l’esame delle proposte di legge sulla sharing economy e sugli home restaurant”.