Fondazione Di Vittorio: 2016, crollo assunzioni nel privato

Roma – Nel settore privato, nei primi sette mesi del 2016, le assunzioni a tempo indeterminato sono state 744 mila. 379 mila in meno ( – 33,7%) rispetto allo stesso periodo del 2015 e inferiori anche rispetto allo stesso periodo del 2014 e 2013. Le assunzioni a termine, nei primi sette mesi del 2016, sono state, invece, circa 2,1 milioni e rappresentano ben il 71% dei nuovi rapporti di lavoro. Sempre nei primi sette mesi del 2016, sono stati acquistati in Italia quasi 85 milioni di voucher, con un incremento rilevante rispetto allo stesso periodo del 2015 (61,9 milioni) e del 2014 (35,8). Anche le trasformazioni in tempo indeterminato (179 mila) nei primi sette mesi del 2016 sono calate rispetto allo stesso periodo del 2015 (102 mila) e del 2014 (39 mila). E’ quanto emerge da uno studio della Fondazione Di Vittorio, che rielabora i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps. Per la Fondazione della Cgil, dunque, “Il lavoro precario e instabile si conferma nel 2016 la forma assolutamente predominante di accesso al mercato del lavoro e le nuove attivazioni a tempo indeterminato, inferiori non solo al 2015 ma anche al 2014, dimostrano in maniera evidente che l’elemento predominante per le scelte delle aziende è stato quello degli incentivi”. Dallo studio della Fondazione sui dati Inps sulle assunzioni relative ai primi sette mesi del 2016, emerge che il saldo occupazionale complessivo (attivazioni/cessazioni) del tempo indeterminato (incluse le trasformazioni che però riguardano rapporti di lavoro già esistenti) resta, invece, positivo (+76 mila), anche se fortemente ridotto rispetto al 2015 (+465 mila) e al 2014 (+129 mila). E, comunque, nel mese di luglio la variazione netta è stata pressoché nulla (pari a sole 87 unità). Il saldo occupazionale complessivo (attivazioni/cessazioni) del tempo indeterminato relativo ai primi sette mesi del 2016, però, beneficia dell’andamento delle cessazioni che sono scese nei primi sette mesi dell’anno di 37 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2015. E’ dunque un dato che va interpretato, tenendo soprattutto conto della forte diminuzione delle uscite per pensioni.